Goran Bregovic Tales from weddings and funerals
2002 - MERCURY FRANCE
Tanta popolarità, confermata anche dall´ultimo tour nella nostra penisola, nasce dalle passate collaborazioni con Emir Kusturica, per i cui film ha scritto pagine di musica memorabili, ma va dato atto a questo poliedrico musicista (compositore / arrangiatore / produttore) di aver saputo costruire un percorso con la propria musica. Come se fosse cosciente di questo ipotetico ruolo, Bregovic continua ad estendere i confini della sua arte, ostinandosi a tratteggiare un paesaggio che, tra guerre, globalizzazione e oblio, rischia di diventare una realtà sempre più marginale nel panorama europeo. Dopo il disco con la cantante polacca Kayah e varie collaborazioni, arriva questa nuova raccolta, registrata tra Belgrado, Istanbul e Tblisi, con un corpo di musicisti che comprende soprattutto un´orchestra di quaranta elementi e un trio di coriste bulgare.
Trombe, tromboni, clarinetto, tuba, percussioni, arpa, corno, chitarre, violini, archi, orologi e bicchieri: le canzoni di Bregovic coprono tutta l´area balcanica, facendosi portatrici di una vitalità e di una cultura spesso incompresa e giudicata frettolosamente.
"Tales from weddings and funerals" non è un capolavoro come "Underground" o come "Ederlezi", non avendo da proporre brani epocali di grande impatto, ma è costruito su un´amalgama strumentale e concettuale assai più densa. È questo il disco di Bregovic che meglio riesce a trasmettere la suadade balcanica, alternando siparietti goliardici a ballate drammatiche, marce tzigane a intermezzi di musica classica: come ben suggerito dal titolo, ("Tales from weddings and funerals"), l´album offre uno spaccato di vita, apparentemente contraddittorio nel suo essere perennemente in bilico tra lacrime e spari, tra lentezze esasperanti e frenesie scoppiettanti.
Da vero balcanico, Bregovic non manca di trattare il suo materiale con ironia, inserendo suoni inattesi, qualche risata ed urlo festaiolo, e anche assoli solo apparentemente stonati o sghembi: il suono è perfetta world-music, claudicante e saltellante nei pezzi più ritmati, commovente nelle ballate, rispettivamente "vivo con fuoco" e "adagio delicato".
Esemplari gli arrangiamenti con i fiati che scaturiscono da ogni singola febbrile battuta delle percussioni e le voci, in particolare quella di Vaska Jankovska, capaci di portare con sè risonanze orientali battute da venti lontani. Tra i pezzi migliori, la ballata "Aven Ivenda", che evoca somiglianze con la storica "Ederlezi", i singoli "Hop hop hop" e "Polizia molto arabbiata", che accelerano il battito cardiaco e lasciano un fondo di lieve bruciore, come le migliori grappe balcaniche.