Fabrizio Tavernelli Algoritmi
2022 - Consorzio ZDB/Lo Scafandro
Taver, come lo chiamano amici e fan, ipotizza allora che sia giunto il momento di liberarci da queste gabbie e di liberare i numeri stessi dalle prigioni: da essere un dono divino, uno strumento per racchiudere e descrivere l’armonia della musica e dell’universo con i suoi corpi celesti, uno scrigno di significati segreti in una visione mistica e cabalistica, i numeri sono diventati algidi e rigidi (“un insieme di regole, un groviglio di logiche”, si canta in Algoritmo stocastico), perdendo la loro “anima” in algoritmi cinici, tossici e spietati, mentre forse oggi è necessario recuperare “lo stupore, la nostra fallibilità, l’inesattezza, l’impossibilità di enumerare ogni cosa e corpo dell’universo” (v. i numeri “magici”, “astratti”, “esoterici” di Algoritmo alfanumerico, e la relativa invocazione “libera i numeri, non fare calcoli / libera i numeri, infiniti”).
Con questo album Tavernelli prosegue allora il suo percorso musicale sperimentale, conducendoci tra suoni più freddi, meccanici e sintetici quasi space (come quello del minimoog o dei synth drum e in generale di sintetizzatori eterei e siderali, sfuggenti e malinconici) e il calore di sonorità più calde e dolenti. Queste ultime si possono rintracciare ad esempio in riff e arpeggi struggenti, linee di chitarre elettriche sospese, lisergiche e quasi radioheadiane, nel sitar ipnotico e nei bamboo chimes di Al Khwarizmi, oppure nella chitarra classica, le nacchere da flamenco e il piano della ballata “mediterranea” e pensosa Fallibili.
Si ascoltano ancora distorsioni inquietanti, cupe o esplosive, chitarre noise urticanti, synth divertiti accompagnati da ritmi incalzanti, come nel singolo Il bagno e l’antibagno o in Nei libri di storia, suoni fantasiosi, volutamente caotici e babelici (in Algoritmo gig e Algoritmo alfanumerico con Giorgio Canali, ospite che torna anche in Performance), così come talora inserti di fiati, oppure violini di un lirismo prezioso e quasi commovente con l’orchestra Algoritmo Ensemble diretta da Simone Copellini nella significativa favola Il lupo e lo sciacallo, che Copellini stesso ha scritto e prodotto con Tavernelli. Il primo animale, recitano i versi, rappresenta “il lupo è il passato famelico che insegue l’attimo”, mentre “lo sciacallo è il futuro che sfugge furtivo / con il manto dorato e il cielo grigio”.
Un sound più caldo torna nel piano e nel sax baritono della conclusiva e ironica Angelo del focolare, venata quasi di soul, brano sull’angelo della quarantena e del lockdown, tra menzogne racchiuse in slogan rassicuranti e proteste per strada, coprifuoco e la benedizione di una "splendida solitudine”, fino ai versi finali: “accudiscimi, santificami, innalzami, proteggimi, guariscimi / accompagnami nel paradiso dei test sierologici, degli asintomatici”.
Tra gli altri temi, guerra e napalm, priorità dubbie e banalizzazioni di un mondo binario (“prima gli italiani o prima gli animali? / prima il capitale o il lavoratore? / prima Adamo o prima Eva? / non c’è più autunno né la primavera” in Il bagno e l’antibagno), la fallibilità e fragilità dietro una presunzione di invincibilità e perfezione (“lo sbaglio dietro l’angelo / e le ferite aperte in eterno” in Fallibili), farse e dignità perse in lavori che rappresentano solo sudditanza, pericoli per la salute e sconfitte, al di là di un’ostentata efficienza. Ancora si parla della censura che colpisce il nudo dell’arte, della fotografia e delle copertine dei dischi sui social network (“tecnocratico censore accende il rogo nella rete […] il Concilio di Trento è l’algoritmo / che rimuove nudità e porzioni di pelle in quantità / braghetta digitale santa inquisizione / della rete neurale, dell’intelligenza artificiale / braghetta digitale del network globale”); si accenna forse anche al diritto all’oblio e di contro al rischio di un’epoca di essere cancellata e scomparire facilmente come un “archivio distrutto”.
Aprono e chiudono il lavoro le onde PQRS T di un battito cardiaco, mixate con un’altra sequenza di suoni, prodotta in modo casuale da un software che aveva a disposizione solamente le frequenze assolute della scala di do; il risultato, come spiega il dott. Francesco Ferrini nel booklet, è un “il suono di un algoritmo, asettico, privo di coscienza, ma a tratti molto reale”.
Un disco raffinato, profondo e appunto sperimentale, arte da ascoltare e gustare per riflettere.