Brunori Sas A casa tutto bene
2017 - Picicca Dischi
La dicotomia tra dimensione privata e vita cellulare, i tempi sempre più regno di leoni da tastiera (L’uomo nero) ha portato ad un disco molto lontano dalle atmosfere ironiche di Mambo reazionario. C’è poco da ridere, tanto su cui riflettere, molto di cui aver paura. Ne nasce un lavoro in cui il livello di scrittura è altissimo, in cui ogni parola ed ogni nota sanno di pensiero. Basti pensare al singolo La Verità, un crescendo di ceselli sonori, di loop che si affiancano a voci sul più grande autoinganno dell’umanità: la rimozione del dolore e della morte per la paura di rischiare (“la verità è che ti fa paura l’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà morire”). Ma in fondo è quasi normale che il singolo in qualche modo sia una summa dei punti salienti di un lavoro. La cosa bella è che oltre al singolo c’è dell’altro, ancora più intrigante. Andando a scavare nelle tracce si trovano perle in cui si sente poesia o versi così illuminanti da diventare lapidari. E si sente anche un sapientemente rielaborato influsso di Franco Battiato, sia nei panni di cantore di storie struggenti che di fustigatore elettronico.
Un esempio del primo caso è Diego e io, immaginaria lettera d’amore di Frida Kahlo al suo compagno di vita, il pittore Diego Rivera. Frida, imprigionata in un corpo debole rispetto alla sua anima ( “che ti amo più di me io che sono la tua bimba di cristallo”) e alla sua arte, che annega il dolore in fiumi di mescal “ma il dolore sai lui sa nuotare”, nell’amara consapevolezza di non avere “avuto mai braccia forti per tenerti e non lasciarti andare”. E lenti e avvolgenti come i fiumi di mescal scorrono i tasti del pianoforte ed il crescendo di archi finali, come a dipingere il capolavoro finale dell’artista messicana.
Si prende l’aereo per Lamezia – Milano, in un’Italia che “ha spento la bandiera bianca” in cui “c’è un lupo della Sila fra i piccioni del Duomo”. Sax e sintetizzatori si incontrano in un loop irresistibile, come la “provincia ferma agli anni ‘80” e la metropoli, mentre la confusione nella mente del viaggiatore cresce.
Solipsismo, rimozione del dolore, distacco tra il cantautore (ed il singolo in genere) e la realtà (“se canti il popolo sai anche un cantautore sarai anche un cantastorie ma ogni volta ai tuoi concerti non c’è neanche un muratore”) sono tra i temi di Secondo me, su un tappeto sonoro che sa di antico, di mobili della nonna pieno di piccoli tesori senza tempo.
Sempre su tonalità sonore tenui e antiche è la chiusura è affidata a La vita pensata. Quasi leopardiana nel suo tema, quello stare alla finestra a cercare di capire l’incomprensibile (“la vita va vissuta senza trovare un senso”) nascosti dai propri autoinganni, quasi veli di Schopenhauer .
Termina così questo mambo non reazionario, questo ballo più liquido alla Bauman tra rimozioni e desideri.