Dead Cat In A Bag Lost Bags
2011 - Viceversa Records / Halidon
Lost Bags è il lavoro di una allargatissima band che si è formata in progress attorno alla figura di Luca Andriolo, in arte Swanz, artista torinese a tutto tondo: letterato, autore e compositore oltre che straordinario multi strumentista e da ultimo padre padrone (nell’accezione benefica del termine) del progetto Dead Cat in a Bag. Il disco è un sordo tuono che annuncia il temporale vero che potrà seguire, è un tuffo nella notte scura, nera come la pece, se ci entri fai fatica a trovare lo spiraglio per uscire di nuovo alla luce. Le canzoni sono quattordici (compresi i bellissimi strumentali), sono piccoli quadri, come se Caravaggio avesse prodotto altrettante prove d’artista senza prevedere gli squarci di luce che rendono visibile il soggetto.
Musicalmente in Lost Bags c’è tutto il sapere della musica americana che Luca ha ingurgitato, digerito, vomitato apprezzato, amato, detestato, perché questi sono i sentimenti dell’uomo, attanagliato com’è da un inguaribile pessimismo cosmico, divenuto quasi proverbiale, che però in parte viene esorcizzato dalla musica ma senza che questa riesca a liberarlo in toto ed ecco perché di quell’assenza degli squarci luminosi caravaggeschi di cui parlavamo e che auspichiamo si materializzino nel prossimo lavoro. Nelle canzoni scorrono tante influenze che però, badate bene, non sono replicate a memoria bensì ri-elaborate in un personale costrutto, come solo artisti dal senso compiuto possono fare.
Danzano intorno alle nostre orecchie, sostenuti dalla voce scura e rabbiosa di Luca, i Willard Grant Cospiracy in Wasteground of Your Lips, i Pogues in The Stow-Away Song, Springsteen e Woody Guthrie in The Gipsy Song (che favola quell’intermezzo strumentale a metà della canzone giocato tra banjo, armonica, violino e accordion, è la quiete nella tempesta di sentimenti, geniale!), i Tindersticks in No Lust Left e poi qua e là, come era logico aspettarsi, Waits, Johnny Cash, Dylan in lontananza, Calexico ed echi Morriconiani. I musicisti coinvolti sono encomiabili, su tutti, citiamo Roberto Abis (che è stato il secondo mattone nella costruzione del gruppo) e Luca Iorfida co-autori in molti pezzi e poli strumentisti, Ivan Bert, per le parti ottimamente “soffiate” di flugelhorn e tromba, ospiti Liam McKahey (Costeau, voce in 10 e 13), Massimo Ferrarotto (Feldman, drum in 8 e 12) e Marcello Caudullo (guitar 5, 11 e engineering).
La produzione è sopra la media, dispone di packaging e grafica (Lavinia Marinotti), tipo dark, di lusso con tanto di libretto testi e foto splendide (dello stesso Andriolo, ovviamente black & white).
Album meraviglioso che dispensa alcune perle nere di traslucida bellezza, mi hanno toccato nel profondo: Wither, per la melodia dolcissima e triste, Old Dog, uno spiritual tra Waits, Cash e Blind Boys of Alabama, ipnotico e sgangherato, di rara bellezza, Dawn, strumentale Morriconiano da urlo e naturalmente la mia preferita I Can’t Row No More con la quale Andriolo ha realizzato la sua House of the Rising Sun, infatti (non so perché) ma più l´ascolto e più ho suggestioni della felpata e ruvida zampata di Eric Burdon.
Lost Bags sarà apprezzato nel nostro paese? Dubito ma credo che se i i Gatti Morti troveranno una distribuzione internazionale (basta un po’ di nord Europa, in fondo, per uscire dalla mediocrità) può essere che sentiremo parlare di loro e a quel punto, alle nostre latitudini, saremo pronti e tutti gasati ad accoglierli come “the next big thing from nowhere”. Povera terra italica di dolore ostello, non donna di province ma bordello!