Dead Cat In A Bag

interviste

Dead Cat In A Bag Ombre e colori di un folk furioso, poetico e inquieto

28/11/2014 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Dead Cat In A Bag#Rock Internazionale#Folk Blues Country

In occasione delle nuove date del tour, intervista a Luca Swanz Andriolo tra Dylan, Cohen, Brel, Blake e Beckett, ultimi valzer e ebbrezza gitana, folk americano e klezmer.
Da domani, 29 novembre, nuove date per i Dead Cat in a Bag, formazione di un eclettismo folk “nomade”, le cui canzoni appaiono imbevute di lirismo oscuro e di realismo asciutto; esse alternano, soprattutto dal vivo, “requiem” e momenti ebbri e scatenati, desolazioni e vena immaginifica, che deve la sua prolificità alle letture, così come all’interesse per fotografia, regia e animazione da parte dei componenti. Abbiamo rivolto alcune domande a Luca Swanz Andriolo per addentrarci tra le ombre fascinose e tra i colori dell’ultimo album Late For A Song (Viceversa Records / Audioglobe), ma anche per prepararci ad aggirarci tra Sad Dolls & Furious Flowers, titolo del prossimo disco, e soprattutto al tour in corso. Si parla di ascolti basilari per le contaminazioni del gruppo, di aperture gloriose quali quelle per Hugo Race o Bonnie Prince Billy e…di tanto, tanto altro.

Buona lettura!

Dead Cat in A Bag è:

Luca Swanz Andriolo: voce, banjo, chitarra, chumbus, mandolino, balalaika, pump organ, percussioni
Roberto Abis: chitarre, tastiere, dobro, chitarra-banjo, viñuela, lap steel, armonium, moog, trattamento del suono
Andrea Bertola: violino, percussioni
Elia Lasorsa: contrabbasso
Scardanelli: fisarmonica, chitarra, zaino-batteria, sega ad archetto, pianoforte

Mescalina: Le tue canzoni sono ubriache di ombre, visionarie, ma anche lucide di un realismo secco e dissacrante, colme di poesia oscura e al contempo proprio per questo abbagliante: quanto la vita ha nutrito e nutre questa poetica e quanto invece è l’arte (gli ascolti, i modelli, ecc.) a incidere sul linguaggio con cui filtri e racconti il reale?

Luca Swanz Andriolo: Non credo che sia possibile stabilire una percentuale esatta. Di fatto, anche letture, ascolti, visioni di film si possono considerare esperienze. Chi mi conosce sa che ho sempre avuto un temperamento incline alla lamentela. Diciamo che, con la giusta forma, la lamentela si può trasformare in lamentazione.  Chi mi conosce sa pure che purtroppo ho avuto qualche piccolo primato di sventura, ma non credo che le canzoni debbano essere necessariamente autobiografiche, per essere credibili. Anzi, è proprio lo sforzo verso l’universale che le rende degne d’essere cantate. Altrimenti ci si trova per bere una birra e ci si lagna delle avversità, senza dover far attenzione all’accordatura.

Mescalina: Quali sono gli ascolti e le letture che hanno plasmato maggiormente il tuo immaginario?

Luca Swanz Andriolo: Sugli ascolti posso dire che la mia Trinità personale è composta da Bob Dylan, Leonard Cohen e Jacques Brel. Sulle letture, l’autore che conosco in modo più approfondito è Samuel Beckett. Per quanto riguarda i Dead Cat, però, spero di non aver mai mostrato dei debiti riconoscibili, a dispetto di quanto una critica anche entusiasta, ma vagamente superficiale ha voluto leggere e sentire. Siamo lontani dalla retorica di puttane e ubriachi di un certo maledettismo e più vicini a una narrativa fatta di desolazioni comuni e spazi sonori che rimandano a viaggi immaginari. Poi le influenze variano di brano in brano: in The Stow-Away Song faccio una sorta di parodia di Conrad e Coleridge, in A Rose & A Knife mi riferisco un po’ a Shakespeare attraverso certi psicodrammi sonori di Scott Walker, in The Gipsy Song di certo devo più di qualcosa a Willy Deville, nonché ad alcuni fatti personali molto comuni, come quelli che ti fanno desiderare di essere uno zingaro, un marinaio, un uomo del circo, pur sapendo che anche in quel caso avresti nostalgia di ciò da cui adesso vuoi fuggire. I testi di Late For A Song non hanno parenti prossimi di cui io mi accorga. Silence Is Not Pure a volte stupisce anche me, perché sono indeciso su quale sia la lettura più esatta di ciò che ho scritto, sebbene io non sia un romantico fatalmente esposto ai venti dell’ispirazione. Però ho parlato di più cose, tutte insieme… e nel video se ne sono aggiunte altre ancora.

Mescalina: Non mancano però brani come Wanderer, pronti a riempirsi di colori e profumi: cosa pensi vi porti a contaminare tradizioni e ritmi? Il folk è un gran contenitore di tradizioni differenti, ma c’è anche chi lo vive con rigorosa “ortodossia” ad una sola tradizione, quella americana per esempio…

Luca Swanz Andriolo: È proprio come dici: non siamo ortodossi. Siamo eterodossi e nomadi. Poligami. E ci piace viaggiare. Proprio in quel brano lo dico chiaramente, all’inizio: “Il cuore è un senzatetto, l’anima è clandestina. La mia mano trova rifugio solo nella tasca dove tengo la foto che ho rubato dal cassetto di fianco al tuo letto…” Credo di aver definito la nostra musica, con quell’incipit. E poi è vero che ho comprato un cappello a Parigi. Ed è anche vero che avevo un serramanico quando stavo a Londra… meno male che non mi hanno mai perquisito. Però nell’apertura epicheggiante, dove il klezmer cede alla clave, quando dico che so sempre chi incolpare, be’, lì non sono io. Volevo dare al personaggio un vago aspetto psicotico, chiarire che ciò che racconta è vero, ma vissuto attraverso una sorta di mania di persecuzione, che rende più inquietante il suo presunto ritorno a casa con il coltello. Insomma, in fondo parliamo dei vari modi di reagire alle croci e delizie dell’essere al mondo. E anche le delizie, spesso, sono a forma di croce.

Mescalina: Quali sono gli ascolti più lontani tra loro che pensi abbiano ulteriormente amplificato questo eclettismo, pure in uno stile musicale così coerente, coeso e personale?

Luca Swanz Andriolo: Ci sono gli ascolti miei, che vanno, diciamo, da Kurtag a Washington Phillips, e gli ascolti degli altri, che solo in parte coincidono. Una delle risposte più frequenti a queste domande è: mettiamo insieme le influenze di tutti i musicisti. Lo dicono tutti, anche chi suona pop radiofonico. Per una volta, mi tolgo la soddisfazione di dirlo anche io, perché è vero. Roby aveva un amore per l’elettronica che io non ho mai avuto, Andrea conosce bene la musica classica e il jazz, Scardanelli è un musicofilo e un musicista particolarmente portato a certe forme di musica da cabaret o prossima alle romanze, pure se nel suo disco solista pare una sorta di Captain Beefheart. Diciamo che non ci poniamo molti problemi programmatici, visto che i problemi vengono poi da soli. E quando va bene, arrivano anche le soluzioni.

Mescalina: Nei tuoi versi sembra esserci una consapevolezza del disincanto che si fa quasi rivelazione laica che non si può tenere per sé, ma si deve condividere con l’ascoltatore, a costo di “deluderlo”: la realtà è esposta come “waste land”, però sembra esserci anche una certa attrazione, vertiginosa, per l’abisso… Pensi che la tua estetica sia più realista o decadente?

Luca Swanz Andriolo: Purtroppo credo di cantare le cose come stanno, consapevole che la migliore arte del mondo è sempre stata un modo per indorare la pillola. Siamo consapevoli di dover invecchiare e morire, perdere i nostri cari e alla fine noi stessi. E tutto questo lo paghiamo persino, e anche a caro prezzo. Però finché cantiamo va bene, perché i piccoli dolori fanno cantare, mentre quelli grandi rendono muti, almeno per un po’. E allora si canta, per essere sicuri di stare ancora abbastanza bene. Oppure si prega. O si bestemmia. O tutte queste cose insieme. Una delle cose che mi fa piacere pensare, e proprio per questo non vorrò mai sapere se si tratta di un fatto vero o di un mito eroico, è che mentre il Titanic affondava, gli orchestrali ormai consapevoli di non avere un posto sulle scialuppe, suonavano. Ecco, siamo impotenti di fronte al disastro, ma dobbiamo affondare con stile e col conforto di un ultimo valzer. L’acqua è nera è gelata, tuttavia possiamo ancora sistemare il nodo della cravatta, continuare la festa e suonare alla luna. Ovviamente, suoniamo il nostro stesso requiem… ma per certi versi ciò è persino un privilegio.

Mescalina: I tuoi versi sono anche molto immaginifici, complice anche la sensibilità fotografica per paesaggi e squarci metropolitani desolati, per rovine contemporanee e panorami “sublimi”, in senso kantiano: ti capita effettivamente di lavorare per immagini, sequenze di oggetti e scene emblematiche da immortalare nei versi e sviluppare?

Luca Swanz Andriolo: Sono stato fotografo, per qualche tempo. Ma odiavo le istantanee, oppure non sapevo farle. Mi si accusava di estetizzare troppo, come se l’estetica falsasse il reale, invece di veicolarlo. Ho smesso. Nella musica, sono molto meno prearato e anche meno consapevole. Infatti, va molto meglio. L’aspetto visivo è molto forte nei Dead Cat, perché lo è nelle nostre vite: Andrea è regista, tecnico di ripresa e montatore professionista; sua moglie Elena, che ha collaborato con noi fin dall’inizio, è una bravissima fotografa. E Scardanelli ha un talento incredibile per l’animazione elettronica che presto mostreremo in un video. 

Mescalina: Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo album, Sad Dolls & Furious Flowers?

Luca Swanz Andriolo: Non so ancora rispondere. Abbiamo le canzoni e abbiamo le idee, però sappiamo che tutto può cambiare fino a quando non sarà ultimato il mixaggio. Per certi versi Late For A Song è stato una risposta a Lost Bags, perciò credo che il prossimo disco partirà proprio da quel suono, tentando di non ripeterlo. Personalmente, vorrei riuscire a catturare la carica che abbiamo dal vivo, che è anche più scanzonata di quanto si possa credere ascoltando i primi due album. Il linguaggio sarà simile, ma quasi tutte le canzoni sembrano, al momento, legate al tema dell’illusione, sia in senso positivo che negativo. “Ci sono promesse nella brezza della sera che la notte non saprà mantenere”, canto nella canzone attorno alla quale stiamo sviluppando l’album. E direi che come punto di partenza sia… promettente.

Mescalina: Come avete scelto il titolo?

Luca Swanz Andriolo: Ci sono tre cose al mondo che non andrebbero mai spiegate: le barzellette, le poesie e i titoli dei dischi. I titoli delle opere d’arte contemporanee, invece, sostituiscono l’opera ed è per questo che personalmente non mi commuovono, né intrigano. Da questo punto di vista, siamo reazionari: credo che le bambole tristi e i fiori furiosi costituiscano un’immagine sufficientemente forte e a suo modo misteriosa… Mi fa pensare a William Blake. E anche a certi tatuaggi messicani. E adesso che ci penso anche a Garcia Lorca… e infatti la canzone in cui è contenuto il verso, è scritta in spagnolo. Credo che qualunque lettura valga come qualunque altra, ecco, il che non significa che non ci sia un senso, quanto che i sensi siano più di uno.

Mescalina: Avete tanta esperienza dal vivo: di quali concerti e di quali compagni di strada con cui avete condiviso il palco ricordate il ricordo più prezioso?

Luca Swanz Andriolo: Ci siamo divertiti ad aprire i concerti di Hugo Race e abbiamo avuto un grande pubblico quando abbiamo aperto per Bonnie Prince Billy, tuttavia per quanto mi riguarda il momento di condivisione sul palco più bello è stata la comparsata di Enrico Farnedi, senza neanche una prova e con lo spartito. Lì ha dimostrato di essere davvero quel grande musicista che sappiamo e la sua presenza mi ha davvero onorato. E proprio poco fa ci siamo accordati con Salvo Ruolo che sarà un gradito ospite nelle date di dopodomani e di lunedì. Queste cose a noi piacciono sempre tanto. Ricordo anche con grande affetto e nostalgia il concerto alla Lomax di Catania, con Marcello Caudullo, Enzo Velotto, Alessandro Falzone ed Emiliano Cinquerrui, che erano dei veri e propri compagni di scorribande. E poi sono contento che almeno una volta sia stato con noi Gian Luca Mondo, cui ho reso il favore per la presentazione di un suo disco passato. Il mio sogno è fare un concerto con tutti gli amici possibili, ma credo che verrebbe una cosa dispersiva, più simile ad una festa privata che all’esibizione di una band con una propria fisionomia sonora. Da questo punto di vista, in numero ridotto siamo più incisivi.

Mescalina: Un aggettivo per i vostri live.

Luca Swanz Andriolo: Teatrali, direi. No, meglio divertenti. A volte sono drammatici, ma nell’insieme c’è anche tanta spontaneità e una certa tendenza all’ebbrezza. Lo so che i dischi fanno pensare a un ripiegamento intimistico e a una certa tristezza di fondo, ma ai nostri concerti si ride molto, ci si scatena come zingari ubriachi. E si viaggia molto, tra l’altro con un notevole risparmio sugli spostamenti.

Prossime date dei Dead Cat in a Bag:

29 NOVEMBRE - Teatro Comunale di Dozza via XX Settembre 51 - Dozza Imolese (BO)

30 NOVEMBRE - Arci Chinaski, via F.lli Bandiera, 8 - Sermide (MN)

01 DICEMBRE - Ruota Libera Tutti, via Giustizia, 19 - Mestre (VE)

02 DICEMBRE - Lio Bar, via G.Togni, 43 – Brescia



Info:

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