Tricarico L´imbarazzo
2011 - Sony Music
L’album, prodotto da Ferdinando Arnò e Massimo Martellotta, non riserva grandi sorprese, ma brani come la tirata Difficile (“è difficile è difficile ma io proverò per te”) o l’apparentemente banale Leggerezza hanno qualcosa di pop e di “storto” che è caratteristica di pochi. Battisti è ricordato un po’ anche in questo, oltre che in una vocalità originale e insicura. A proposito di Battisti una frase come “Sentir che c´è qualcosa che non va ma non far domande per non creare l´imbarazzo” mi sembra proprio uscita dalla penna del Mogol battistiano! Guarda che bel colore che han le rose è dolce canzone sulla fatica del “lavoro” quotidiano su e per l’amore (“Guarda che bel colore che han le rose, guarda che bel colore che ha la terra, si fa fatica si lavora, ci si domanda anche il perché”) ed è seguita da La mia sposa in cui nel ritornello Battisti è implacabilmente presente assieme ad echi della Jenny è pazza di Vasco. Sono solo poco più di suggestioni ma danno il clima dell’album. Sul duetto Da soli io e te invece sarebbe meglio soprassedere. Va bene l’ingenuità ma qui siamo a livelli più che imbarazzanti…
L’imbarazzo c’è anche per la cover di un brano come L’italiano cantata con il piccolo intervento dell’autore Toto Cutugno. Ma, a volte la capacità interpretativa fa miracoli. La voce insicura con cui la canzone è interpretata da Tricarico uccide la sicumera irritante della versione originale e restituisce un’idea di un’Italia anni ’70 non ancora involgarita dai media, dalla retorica patriotica, dall’ansia di apparire e dallo strapotere della pubblicità.
Nulla ho detto sul brano sanremese. Tre colori è il brano numero tre del cd e merita qualche riga solo per sè.
Trovo il brano, scritto interamente da Fausto Mesolella (chitarrista degli Avion Travel, che ne canta anche un frammento), assolutamente straordinario nel suo essere allo stesso tempo infantile e poetico. La canzone sul tricolore era nata per lo Zecchino D’Oro! Sogno cori di bambini cantarla e fra 150 anni sentirla assieme ai classici del patriottismo italico. E quanta differenza tra la dolcezza un po’ insicura di Tricarico, la musicalità solo apparentemente semplice (ci sono bellissime elisioni ritmiche, impegnative e nascoste), la poesia commuovente del testo e l’arroganza nazionalistica esibita l’anno scorso da Pupo con il “Principino”, o dall’idea volgare e prepotente di Italia che sento così preponderante in questi tempi e, perciò, così distante da questa canzone e da me!