Con questa intervista, del 1994 e uscita su Il Manifesto, Mescalina vuole ricordare il grande scrittore croato Predrag Matvejevic, scomparso nella giornata di oggi.

Con questa intervista, del 1994 e uscita su Il Manifesto, Mescalina vuole ricordare il grande scrittore croato Predrag Matvejevic, scomparso nella giornata di oggi.


03/02/2017 - News di Luigi Lusenti

Intervista a Pedrag Matvejevic, lo scrittore del "mondo ex", di Luigi Lusenti

Caffè Cluny in Boulevard St. Michel angolo Saint Germain des Pres, l'incontro con Predrag Matvejevic si svolge in uno dei luoghi di Parigi più carichi di significato. Lui, l'autore del "Breviario del Mediterraneo" e dell'"Epistolario dell'altra Europa", risiede nella capitale francese, dove insegna alla Sorbona, dall'autunno del '92. Una scelta dettata  dalla guerra che ha dissolto la Yugoslavia e raso al suolo la città di Mostar, dove e' nato ma non certo dal disimpegno. Anzi Matvejevic ha moltiplicato conferenze e incontri in giro per l'Europa. E il nostro continente, il suo destino al finire del secondo millennio, è il centro della sua riflessione. Il suo prossimo libro che uscirà in Francia nel settembre del '94 (e speriamo presto  anche da noi) avrà come titolo "Ex" e come sottotitolo "le fratture dell'est".

"Io vedo questa Europa come Europa-ex."  mi dice Matvejevic  mostrandomi un  articolo appena scritto per una rivista italiana. "Attenzione, non voglio dire ex-Europa ma proprio Europa-ex. C'è  una questione  dell'ex-Europa orientale.  C'è una questione dell'ex-Unione Sovietica, c'è una questione dell'ex-Yugoslava. Ci sono tanti atteggiamenti, tante posizioni che sono ex e non soltanto nell'ex-Europa dell'est, ma anche nell'Europa occidentale.  C'è una ex-sinistra che spesso  travestita da ex  è diventata una nuova destra. Ci sono tanti uomini ex. Per esempio tutti quelli della nomenclatura durante i regimi precedenti che facilmente cambiano abito e diventano  nuovi capipartito, nuovi dirigenti,  nuovi governanti. Prendi Eltsin, burocrate del Pcus, prendi Tudjman, generale dell'Armata yugoslava. E' un fenomeno molto strano e fin'ora non  abbastanza conosciuto neppure studiato".  

 

"Per mezzo secolo la cultura dell'Europa è stata quella del continente diviso in blocchi contrapposti, ferito dalla guerra fredda. Grandi uomini ne sono stati interpreti, da Brand a Pertini, da Solgenitzin a Kundera. Oggi il Muro di Berlino non esiste più, i grandi uomini sono morti o preferiscono il silenzio..."

"...è vero, viviamo un periodo dal quale sono sparite  le grandi personalità. Eravamo abituati a vedere l'Europa governata da uomini di immenso carisma. Prendi Lenin, Stalin, Tito, Mussolini, Hitler, Churchill, il generale De Gaulle, Ataturk, Francisco Franco.  Uomini influenti, personalità  la cui opera, positiva o negativa, ha segnato la storia del secolo. Adesso è come se avessimo solo degli amministratori. Un giorno alla do manda su chi era il più grande poeta francese André Gide rispose "Helas! Victor Hugo". Così se tu mi chiedessi chi è oggi il più grande politico europeo direi "Helas! Mitterand", nonostante i grandissimi sbagli che ha fatto soprattutto nei riguardi della ex Yugoslavia. Stava per risolversi la crisi di Sarajevo e lui ha voluto andare nella capitale bosniaca con la formula "non aggiungere una guerra all'altra".  I  risultati si sono visti: 200.000 morti."

"Quando parlavi dei grandi uomini passati e delle mediocrità  del presente, anche dell'Italia,  mi veniva in mente una frase di Ghote: "per ricominciare bisognerà essere abbastanza rozzi e non avere scrupoli."

"Sono enormemente sorpreso dalla situazione italiana. Dopo l'uscita dei miei libri sono stato nel vostro paese almeno una ventina di volte. E conoscendo la lingua ho letto i giornali e seguito la televisione sempre con grande stupore. Per uno come me che è stato un dissidente di sinistra dell'ex-Yugoslavia, che si è  separato dai massimalismi ora al potere in Yugoslavia,  che si è opposto  a Milosevic, che ha difeso Tudjman quando era in carcere e lo ha criticato aspramente  quando ha preso il potere... insomma per un uomo di sinistra  l'Italia era un po' una speranza.  Io mi sono formato, maturato politicamente, nel gruppo di Praxis che sul finire degli anni sessanta teneva i suoi incontri sull'isola di Curzola. C'era Marcuse, Bloch, c'erano gli assistenti di Lucas, c'era Sartre, Lefebre. L'unico PC che collaborava con noi eretici, con noi dissidenti dell'est,  era il partito comunista italiano. Lo stesso Sartre ripeteva spesso: "Io sono con i comunisti italiani." Speravamo nella sinistra italiana, in un partito comunista che si evolveva, sceglieva strade nuove. Io ho sempre pensato che un partito nasca da un movimento sociale, da un movimento di idee. Invece l'esperienza italiana alle ultime elezioni dimostra che può  sorgere dal niente, dal denaro, dal potere mediatico, da un'alleanza vuota,  politicamente vuota. E l'Italia, che ha una macchia nella sua storia, la macchia del fascismo, non si vergogna di dare la mano ai fascisti di oggi."

"In questi giorni una trasmissione della Rai ha causato una forte polemica. C'è  il tentativo di riscrivere la storia. La pietà per i morti dovrebbe portarci a una pacificazione nazionale che mette sullo stesso piano fascisti e antifascisti, repubblichini e partigiani, stravolgendo valori e ideali. "

"Non ho visto questa trasmissione, ma conosco bene l'argomento. Il franchismo ha cominciato per primo con questo gioco, mettere insieme nella stessa tomba i fascisti e gli antifascisti. Usare il mito della patria per dire siamo tutti uguali. Un mito della patria che si oppone nella storia europea all'idea dell'internazionalismo, anzi del cosmopolitismo in senso borghese ma positivo. La falsificazione della storia: questo  è successo nel franchismo e sta succedendo adesso un po' dappertutto. E' il motivo che mi ha fatto fuggire dalla ex-Jugoslavia. Gli ustascia e i cetnici che hanno dato la mano al fascismo italiano e tedesco sarebbero simili a chi ha fatto la resistenza. Ho visto in Croazia cercare nelle fosse i cadaveri e dire "questi sono buoni croati e questi sono cattivi croati", "questi sono partigiani che hanno ucciso."

"Quali sono le cause di un rinascere dell'ideologia fascista?"

"C'è la frustrazione  di  chi è stato fascista e ha covato una specie di vendetta in tutti gli anni che sono passati dalla fine della guerra, e c'è l'errore di  chi non ha saputo difendere la purezza dei valori della resistenza.  L'epurazione    del dopoguerra è sotto accusa. Si dice siamo stati crudeli con i fascisti,  ma se si pensa a cosa hanno fatto i fascisti, ad Auschwitz, agli eccidi di massa, se si pensa  alle decine di milioni di  morti causati dal fascismo... prima di giudicare bisogna conoscere la verità storica."

"Forse è stato sottovalutato il revisionismo storico..."

"La risposta più sseria l'hanno data alcuni filosofi tedeschi fra cui Habermas quando un gruppo di storici competenti ma non privi di un nazionalismo falsificante hanno voluto proporre un'altra visione della storia dei campi, delle camere a gas.  A quelle manipolazioni la filosofia di sinistra ha saputo rispondere in modo molto convincente. Purtroppo nella ex-Yugoslavia è stato assolutamente impossibile farlo e il risultato si e' visto. Oggi siamo disarmati. Siamo, come dico io, fra l'esilio  e l'asilo. Pur rimanendo nel paese siamo nell'esilio. Ma anche l'Italia...mi rincresce molto ..credevo che in Italia esistesse una forza ideologia capace di opporsi a questa falsificazione, invece non l'ho vista".

"C'è un'ex-Europa dell'est ma c'è anche un'ex-Europa dell'ovest..."

"Io credo che fra due anni  si parlerà di questa Europa impazzita, incapace, abituata solo a servire le due superpotenze, a prendere le decisioni sotto il diktat americano o sovietico. Di un'Europa che non sa esercitare un ruolo proprio, e lo abbiamo visto nella crisi della ex-Yugoslavia. Un'Europa colpevole, molto colpevole, che sta morendo, che puzza, che e' come un cadavere.  Un'Europa senza progetto alcuno, che si consola con la Cee ma non sa dare una mano alle nuove generazioni disorientate, senza lavoro, senza valori. L'Europa di Maastricht che non ha saputo rispondere all'Europa di Sarajevo. Si parlerà allora di una ex- Europa."

"Avrà ancora un suo destino la sinistra europea?"

"Il destino della sinistra in Europa e' diventato molto difficile per varie ragioni. Il fallimento dell'Urss e dell'Europa dell'est hanno buttato un'ombra pesante sull'idea di emancipazione. Bisogna conservare sempre una possibilità di progetto utopico perché una società senza utopia eè una  non-società. Se togliamo all'orizzonte politico, sociale, culturale l'idea dell'emancipazione, ed  è il pericolo che corriamo,  allora la sinistra si avvia al suo crepuscolo."

"La sinistra deve ripartire dal progetto?"

"La sinistra deve ricostruire un'idea di emancipazione, deve problematizzarla con molto più di ragion pratica e di ragion utopica."

"Emancipazione da cosa?"

"Emancipazione dell'uomo, innanzitutto. Il concetto di emancipazione si è definito con l'illuminismo ma  esiste da sempre. E' come un pendolo, a volte va lontano poi ritorna. Adesso e' al livello più basso del suo cammino, del suo andare e tornare. La sinistra manca di credibilità proprio sull'idea di emancipazione. Emancipazione  dell'uomo, della società, emancipazione della donna, emancipazione dei rapporti umani, emancipazione nei confronti di un lavoro mancante, emancipazione nei confronti delle contraddizioni terribili che vive il mondo a fine secolo."

"Emancipazione dal lavoro o dalle merci?"

"Questa componente del lavoro, del prodotto del lavoro è un tema di cui si può parlare in termini nuovi. Credo che la sinistra possieda un po' di tradizioni che sono dimenticate. Non dimentichiamo che il genero di Karl Marx parlava già più di un secolo fa del   diritto all'ozio. All'ozio in un senso molto forte della parola mentre noi siamo stati attenti solo al lavoro, alla sua necessità. Entriamo in una fase dove ci sono da pensare molte altre componenti della vita. Abbiamo parlato molto dall'emancipazione della vita, del vivere.  E' una idea  molto presente nei primi anni della rivoluzione d'ottobre sulla quale Trozki ha scritto addirittura un libro: "Modo di vivere". Man mano che si perde di vista questa idea   si degradano i valori rivoluzionari. Alla fine del secolo l'idea del modo di vivere diventa una componente essenziale dell'idea di emancipazione."

"Anche la destra propone un suo modo di vivere. Anche il neo populismo delle televisioni berlusconiane e di "Forza Italia..."

" Questo post-capitalismo gioca con una immagine di vita senza contenuti. Con immagini rosee che sono solo una trappola. Pur seguendo le cose italiane non ho visto un vero contenuto del modo di vita che Berlusconi promette agli italiani, e neppure  come realizzarlo. Per essere credibili bisogna dare contenuti e spiegare come si intende realizzare quel che si propone, e dare garanzie. Nel berlusconismo questo è assente. Un discorso senza credibilità che, temo, costerà molto caro all'Italia. Voglio però tornare all'Europa dell'est, alle stigmate del dopo comunismo. Mi spiego con alcune definizioni:  "i regimi totalitari sono finiti e noi restiamo  ossessionati dal totalitarismo", "noi crediamo di conquistare il presente ma non siamo capaci di dominare il passato", "noi abbiamo denunciato la storia e continuiamo a essere invasi dallo storicismo", "noi vogliamo far nascere la  libertà e non sappiamo che farne o rischiamo di abusarne", "noi abbiamo difeso l'eredità nazionale e ora non sappiamo come difendercene", "noi abbiamo voluto salvare la memoria e la memoria sembra ora vendicarci e punirci", "le divisioni si impongono e non c'è più niente da dividere"."

"C'e' una tua collocazione nell'Europa di oggi?"

"In questo momento mi interessa ridiscutere gli strumenti critici, alla luce di quello che succede in tutto il mondo. Rimane nei nostri discorsi un po' di critica marxista, meglio un marxismo revisionista che si è però dimostrato insufficiente. Nessuno  ha previsto la caduta del muro di Berlino, la sconfitta del comunismo sovietico, la guerra in ex-Yugoslavia e il berlusconismo in Italia.  Senza una seria autocritica non andiamo avanti. Purtroppo nell'Europa dell'est siamo chiusi  fra l'accusa di tradimento e l'accusa di oltraggio. Ogni parola critica nei confronti della propria nazione è un tradimento. Ogni parola critica nei confronti dell'altra nazione è un oltraggio. Io sentivo la ricchezza del popolo yugoslavo fatto  di tante razze. Oggi, invece, non è più così. Vogliono solo  condannare  gli altri, quelli che appartengono ad una  diversa nazionalità. Mai hanno il coraggio di condannare i crimini fatti dalla propria  nazione. E io mi sento stretto fra l'asilo e l'esilio a cercare uno spazio che mi lasci ancora pensare, ancora  ragionare."

Milano 14/4/1994

Luigi Lusenti per ilmanifesto