Tommy Castro & The Painkillers METHOD TO MY MADNESS Tommy Castro & The Painkillers
2015 - ALLIGATOR RECORDS / IRD
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Detto ciò, attenti, perché la mercanzia non è di grana grossa. La presa facile non eclissa un blues di buona scuola, anche perché la minestra del nostro è ricca d’ispirate incursioni soul e funky. La salsa, moderatamente piccante, ha il pregio di accompagnarsi con tutto, ogni birra, vino o maraschino che sia. Il ghiaccio dell’emozione aggiungetelo Voi, ne avrete bisogno, Tommy Castro al caldo di un corpo che balla vi porta facile.
Il suo territorio è elettrico, il virtuosismo è misurato ma efficace, colorato, personale. Soggiace al comandamento dei capaci: mai strafare. Una competenza non da poco, l’ha conquistata sudando, imprecando sulle tavole sconnesse di tanti palchi. Nel 2008 ne accorsero in tanti e si portò a casa un Blues Music Award come miglior entertainer dell’anno. Il miglior riconoscimento per un bluesman, saper stare con il pubblico. Eravamo dalle parti di Command Performance: Legendary Rhythm & Blues Revue il disco che lo getta nelle braccia di Bruce Iglauer, patron dell’Alligator. Detto per inciso, l’etichetta compie quest’anno i suoi quarantacinque di sontuosa attività.
Dei compagni, Michael Emerson, tastiere, Randy Mc Donald, basso e voci, Bowel Brown percussioni e voci, poco da dire, se non della loro capacità di rendere tutto molto scorrevole, robusto, corale. Assassini del dolore in senso pieno. Un gran bel condividere. Averne.
La voce è lo strumento elettivo del Blues, piaccia o no. Questa deve arrivare a grattare chi la ascolta, nel caso di Tommy Castro diventa il combinato disposto del suo manneggìo chitarristico. Quanti padri ha nell’ugola di profonda ispirazione. Soulful per farla breve, piena d’anima. Otis Redding, Wilson Pickett, James Brown vegliano su questo white boy che all’inizio degli anni ’90 ha rappresentato il futuro del blues e oggi ribadisce una solida conferma sulla distanza dei diciassette lavori prodotti.
Method to my Madness, Died And Gone To Heaven, I’m Qualified, All About The Cash, sono gli episodi più chiari di questa memoria dell’acqua. Commond Ground, Shine a light, No such Luck, Ride, sono marchi di fabbrica. Brani sguscianti, riff ribaditi, buone costruzioni. Got a Lot, Two Hearts, Lose Lose, pescano a piene a mani dalla tradizione Blues di Bo Diddley, Albert Collins, Freddie King e quasi a sottolineare la figlianza, il disco si consegna alla conclusiva, paradigmatica, convincente Bad Luck di Blind Lemmon Jefferson. Correva l’anno 1926. Non noccioline.
C’era da aspettarsi qualcosa di meglio? Non credo. Method to My Madness non deve indurre allo sbalordimento. Tommy Castro dai tempi di Can’t Keep A Good Man Down prodotto dal leggendario Jim Gaines, tra i pochi che sapeva discernere tra scimmie e scimmiottatori, amministra con cura la sua produzione e questo basta.
Good Morning and Good Luck Tommy Castro…