The Unthanks Mount the air
2015 - Rabbel Rouser / IRD
"I’ll mount the air on swallow’s wings/To find my dearest dear./And if I lose my labour/And cannot find him there./I quickly will become a fish/To search the roaring sea;/I love my love because I know/My lover he loves me".
Questi semplici ed evocativi versi, tratti da “The Dorset Book of Folk Songs”, una raccolta di antiche ballate inglesi, scoperta da Becky Unthanks, con la sorella Rachel anima del duo del Northumerland The Unthanks, sono stati l'avvio per un nuovo disco, il quinto in studio, chiamato proprio Mount the Air.
Le sorelle hanno sempre spaziato nel territorio folk con la creatività e la libertà di due artiste a cui le etichette e le definizioni stanno strette; indubbiamente l'atmosfera complessiva dell'album è ancora folk, e a tratti sembra la perfetta colonna sonora di un film ambientato nelle brume delle contee inglesi del Nord; inoltre, tutti i testi sono ancora tratti da raccolte di antiche poesie e liriche di ballate, oppure scritti recentemente, ma nello stile delle canzoni tradizionali. Tuttavia, la scommessa artistica, in questo caso, si fa più ambiziosa, e tende ad un azzardo: presentare un'orchestrazione ampia, ricca, con violini, una sezione di fiati (fra cui spicca la trombettista classica Victoria Rule, che ha lavorato per Elbow), e il pianoforte del marito di Rachel, l'immancabile Adrian McNally, che domina il disco, essendone produttore, autore di buona parte della musica, oltre che suonare le percussioni.
Le armoniose voci di Rachel e Becky si prestano a melodie ariose, due delle quali dall'andamento sinfonico e dalla durata anomala, per un disco di intenzioni popolari: la traccia che dà il titolo all'album, e Foundling, sono due viaggi letterari e musicali di dieci minuti ciascuno, ricamati dalle sorelle, ma su un tessuto orchestrale che presenta fusioni inedite fra il pianismo di McNally e i fiati, che, nell'ultima parte della suite di Foundling, reclamano tutta l'attenzione possibile.
Ma c'è spazio anche per due brani strumentali, interpretati dalla violinista Niopha Keegan e dal chitarrista Chris Price, e per i toni intimistici di For Dad, dal violino tipicamente celtico, mentre un vero gioiello è l'atmosfera di The Poor Stranger, minimale e profonda, antica e moderna insieme; aldilà delle sperimentazioni downtempo alla Wyatt, o delle velleità di fusion folk, restano queste ultime le prove più convincenti di un gruppo che dimostra concretamente la veridicità del motto Less is more.