Carolina Confessions<small></small>
Jazz Blues Black • Blues • southern

The Marcus King Band Carolina Confessions

2018 - Fantasy Records / Universal Music

07/10/2018 di Helga Franzetti

#The Marcus King Band#Jazz Blues Black#Blues

Che la giovane band del Sud degli States rappresentasse una delle formazioni più interessanti e promettenti in circolazione, era già evidente dall’ottimo lavoro svolto due anni fa con l’album omonimo. In quello che è considerato il panorama southern, la Marcus King Band ha saputo distinguersi attraverso un sound incisivo e convincente, senza ridursi a semplici scolaretti del genere. Il frontman e fondatore del gruppo poi, ironia della sorte, ha una fisionomia che incrocia i geni di Warren Haynes e Ronnie Van Zandt e, già adottato dal primo, che ne ha prodotto i precedenti album, lo sarebbe anche dal secondo padre virtuale, se fosse ancora in vita. Appena poco più che ventenne, dimostra un approccio da veterano, sia alle armonie che alle liriche e quel suo modo di suonare cambiando le marce con estrema disinvoltura, ha fatto sì che nel corso di questi tre anni (dal primo album Soul Insight) arrivasse ad illuminare l’intero scenario della musica americana.

Così, Carolina Confessions è un album audace, ambizioso, che segna un salto artistico di notevole qualità. Un’opera eclettica, ricca di spunti creativi, che riflette le eplorazioni musicali della band e porta in evidenza la straordinaria vena compositiva del ragazzo di Greenville, perché la sua voce incendiaria e la sua attitudine allo strumento già la conoscevamo. La differenza rispetto a The Marcus King Band del 2016 risiede soprattutto nella profondità narrativa, nella volontà di tuffarsi in temi afosi come l’assoluzione, i sensi di colpa, le aspirazioni, l’amore e altri affari dell’anima. Ed proprio il soul, lo spazio intorno all’anima, la chiave interpretativa. Questo disco è gravido di soul… dal rumore pieno dei fiati e quelle sonorità r&b che omaggiano il grande Otis Redding, alla voce di whiskey al miele che massaggia gli animi. Umori in circolo in How Long, co-scritto con Dan Auerbach (Black Keys) e Pat McLaughlin, dove sono gli ottoni a dominare e gli afrori black a condurre verso un ritmo trascinante, sul quale la voglia di ballare diventa incontenibile, mentre il ritornello è uno di quelli che può girare in testa tutto il giorno. Dave Cobb (Chris Stapleton, Sturgill Simpson), ha fatto egregiamente il suo lavoro in fase di produzione, creando un setup di registrazione che mostrasse alla perfezione ogni singola sfumatura sia degli strumenti che delle voci.

Il disco è registrato all'iconico RCA Studio A di Nashville, nel Tennessee “quindi a casa dove abbiamo le nostre radici”, tema caro e ricorrente nei testi dell’album. In Homesick, ad esempio, un funky soul vestito di fiati, chitarre che parlano e un basso che accompagna le pulsazioni cardiache, si esprime la nostalgia verso i luoghi natali ma al contempo la possibilità di trovare lo stesso calore nel cuore di qualcuno.  Che si tratti poi della commovente e appassionata Confessions, dove il desiderio di redenzione è palpabile in quella voce sofferente, in quei fiati languidi e in quelle chitarre che piangono di rabbia, o della propulsiva anima di When I’m Headed che mescola la ritmica delle acustiche in sapore Allman, un assolo in stile Marshall Tucker Band e fiati da scuola soul, Marcus King conduce il gioco con una sensibilità sopra le righe.

L’attacco di Remeber, invece, ricorda un giro dei migliori America, ma poi il brano diventa un crogiolo di malinconia nel quale si fondono una struggente slide e una voce aspra e appassionata mentre Welcome Round Here, partendo con un riff Southern rock, sporco e grintoso, e continuando sotto la spinta dei fiati verso il paradiso, finisce per trasformarsi in un fuoco d’artificio psichedelico e in una scoppiettante jam guidata dalla tastiera, intanto che Marcus si lancia in uno strepitoso assolo di chitarra. C’è n’è di tutti i gusti, persino sulle ballate i ragazzi non scherzano: Goodbye Carolina , triste e commovente, racchiude il dolore per la perdita di un amico nelle voci sincrone e nelle armonie in crescendo, mentre Autum Rains ci riporta in maniera scanzonata su quelle strade già percorse più di quarant’anni fa dalla Allman Brothers Band.

Carolina Confessions arriva come un ciclone, con la sua forza compositiva, melodica ed autentica, grazie al vigore di una band dove Jack Ryan alla batteria e Stephen Campbell al basso conducono il branco al trotto, Alexander Deshawn si dimostra un signore sempre discreto al piano e tastiere, Justin Johnson e Dean Mitchell alla tromba e al sassofono donano calore alle note, mentre il nativo di Greenville, cresciuto con una dieta a pane e blues, impregna il suo songwriting cantando con un sacco di soul e infilando moduli chitarristici capaci di lasciare a bocca aperta. 
Sfumature di suoni, stili, generi e ritmiche che si mescolano in un linguaggio multiforme, pronunciato con i diversi accenti soul, blues, funky e rock. Inserire questo terzo figlio sotto l’etichetta "southern" si farebbe un torto a Marcus King e alla sua musica libera da convenzioni, animata da quella passione che contraddistingue chi ha il groove nel sangue e che é stata in grado di ispirare uno dei dischi più versatili, divertenti e ben suonati dell’anno.

Track List

  • Where I’m Headed
  • Goodbye Carolina
  • Homesick
  • 8 a.m.
  • How Long
  • Autumn Rains
  • Confessions
  • Side Door
  • Remember
  • Welcome ‘Round Here

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