Sigur Ros Valtari
2012 - EMI
L'armata capitanata da Jónsi dopo quattro anni di silenzio, il progetto solista Go, e varie peripezie - come quelle che i veri cavalieri devono affrontare prima di conquistare il trono - ritorna con Valtari, l'album uscito lo scorso 28 Maggio, ma rilasciato il 23 Maggio in Giappone.
Valtari è “una valanga a rallentatore”, un lavoro introspettivo ed essenziale; abbandonate le sonorità estive del precedente Með suð í eyrum við spilum endalaust, il quartetto di Reykjavìk vira verso sonorità ambient, le cui docili melodie fungono da porto sicuro, incantevoli ed ipnotiche, come quando il sogno supera la realtà, suoni morbidi ed ideali, immersi in un atmosfera impalpabile ed assolutamente paradisiaca. É un lavoro sofferto, emblema di cambiamento e ritorno alle origini dei Sigur Rós,ma dopo una lunga gestazione e un lungo periodo di incertezze, questo piccolo scrigno composto da otto tracce è venuto alla luce.
Ég anda apre le danze, e con discrezione ci prende per mano mostrandoci l'alternarsi delle continue aurore boreali; varia dopo i primi due minuti, i suoni si mostrano alla luce e la voce di Jónsi si mostra più eterea che mai. Ekki múkk è il primo singolo estratto da Valtari, profuma di terra dopo un acquazzone, l'atmosfera si fa leggera, i colori sono sfocati ma nella nebbia si distingue il suono netto del piano. Una fastosa Varúð continua ad allietarci, è una perla dal sapore barocco, a metà strada tra perfezione e sfarzo orchestrale in un progressivo susseguirsi di spazi suggestivi.
Rembihnútur desta sorpresa, in apertura un alone noise (ovviamente stiamo parlando dei Sigur Rós) poi un piano, un carillon, ed eccoci catapultati in un altro cosmo.
Assimilabile come un esperienza spirituale è Dauðalogn (morte lenta), l'ultimo brano in cui sprazzi della voce di Jónsi sono presenti, per poi lasciare spazio alle ultime tre tracce, interamente strumentali, sintesi della nuova manovra musicale e creativa degli ultimi Sigur Rós.
Suoni crepuscolari e malinconici in Varðeldur, è un pezzo strumentale dai toni tenui e pacati; assume le stesse sembianze la title track Valtari, riconoscibile e forse un po' troppo uguale a se stessa.
L'album si chiude in bellezza, con la meravigliosa quanto malinconica Fjögur píanó, romantica ed a tratti dolorosa.
Valtari è un concept le cui tracce sono legate tramite fili dorati ed invisibili, dura poco più di cinquanta minuti questo percorso verso mete sconosciute ed incantate. Il quartetto islandese ha di certo le sue origini su di un altro pianeta e la loro missione non è altro che quella di narrarci il loro regno e le melodie che vi si nascondono.