
Sharon Van Etten Are we there
2014 - Jagjaguwar
Non ci allontaneremmo molto da questo destino se per convesso ci venisse data per scontata una scena d'appartenenza, data la sua newyorchesità quasi decennale, ma Sharon è del New Jersey, un'atlantista che fa veramente poca fatica a nascondere certi amori d'albione, soprattutto per i Radiohead. Di difficile proattività, il suo stato codeinico mostra il fianco alla weird come alla desertica palingenesi springsteeniana (Every time the sun comes up) per dire di sé in maniera preziosa (I love you but I'm lost). Eppure il sensazionalismo delle immagini di Are we there è laicamente americano (le allusive buckleyane di Nothing will change e I know) e costringe chi ascolta a termini di paragone con filosofie da highways che tagliano stati federati su stati federati, dove l'immensità dell'argomento tende a trattenere tutto, anche le singole lacrime, o a racimolare il niente, viso più viso meno.
Accogliere questi stati dell'anima è la cifra qualitativa di una degna autrice che supera per adesso i suoi lavori è quelli di tanti altri.