Shame Food for Worms
2023 - Dead Oceans
Se l’esordiente Songs of Praise (2018) sviscerava pura rabbia adolescenziale e Drunk Tank Pink (2021) reinventava il sound del quintetto londinese, Food for Worms si pone come il lavoro della loro avvenuta maturazione artistica, tanto da essere definito dal frontman Charlie Steen come “la Lamborghini dei dischi degli Shame”.
Pubblicato dall’etichetta indipendente statunitense Dead Oceans e prodotto dal leggendario produttore britannico Flood, all’anagrafe Mark Ellis, con questo terzo album, la band londinese prende le dovute distanze da quella cosiddetta “scena di south london” a cui è stata accostata sin dagli esordi, virando verso nuovi orizzonti alla ricerca di una propria identità artistica, orizzonti che trovano ispirazione tanto nella poetica sostanziale di Lou Reed quanto nell’indie – rock degli anni novanta.
Sin dalla traccia iniziale del disco Fingers of Steel, gli Shame mettono in evidenza questa loro propensione al cambiamento sonoro, pur mantenendo ancora un flebile legame con il sound del passato, richiamano la loro tipica natura selvaggia e l’attitudine punk nei brani Six – Pack e Alibis.
A differenza dei lavori precedenti, Food for Worms si contraddistingue per la sua apertura tematica verso i sentimenti, ma soprattutto per l’esaltazione melodica del sound proponendo piacevoli ballate malinconiche tra l’elettrico (Adderal) e l’acustico (Orchid), e dosando con abilità anche le varie influenze sonore come indie – rock dei Pavement nel brano Yankees o quella post – hardcore dei Fugazi in Burning by Design.
Parlavamo di sentimenti, e anche in questo caso, contrariamente alla tendenza pop di parlare d’amore, cuori infranti o di se stessi, la band inglese affronta invece tematiche diverse, poco consone, come l’amicizia, il bisogno di fiducia e i rapporti che mutano. Emblematici appaiono, ad esempio, alcuni momenti compositivi del disco come Different Person (“You feel like a different person/ With the same old tongue/ You speak with a different accent now for fun/ I guess you're changing/ It had to happen eventually/ 'Cause you can change your hair/ Change your clothes/ Change your friends/ But you're still the same to me even though/ You speak with a different accent now for fun”) o la suggestione conclusiva di All the People: “All the people that you're gonna meet/ Don't you throw it all away/ Because you can't love yourself/ Oh, when you're smiling and you're looking at me/ A life without that in/ Is a life I can't lead/ And it's finished”.
Una nuova attitudine che si riflette anche nello stile surreale della copertina del disco realizzata dall’artista canadese Marcel Dzama e nel titolo che, tra le diverse interpretazioni proposte da Steen troviamo anche quella di “rinascita”: “in fondo persino la morte ci fa rinascere riconsegnandoci a madre natura. Come cibo per vermi, appunto. Sì, per noi questo è un nuovo inizio, tra malinconia e speranza”.
Qualcuno potrà anche storcere il naso per questo repentino cambio di rotta, ma fatto sta che gli Shame, con questa loro rinascita artistica, dimostrano di essere una delle migliori realtà musicali del nuovo decennio.