Roberto Diana Raighes Vol. 1
2012 - Autoproduzione
Diana dopo essersi trasferito poco più che ventenne a Milano ha frequentato il Master in Chitarra Rock di Donato Begotti, da quel momento ha iniziato una spasmodica e mai sazia ricerca di un rapporto speciale con lo strumento che gli permettesse di esplorarne tutte le potenzialità, in ciò è stato stimolato ed agevolato collaborando per anni dietro la consolle dello studio di produzione di Pietro Nobile, uno dei più titolati chitarristi finger style in Europa, ciò gli ha permesso di incontrare e confrontarsi con musicisti di livello mondiale come Steve Lukather, Frank Gambale, Chris Cacavas, Tony Levin, solo per citarne alcuni.
Roberto si è fatto notare tramite la rete per alcune esecuzioni da lui composte e poi ha mostrato il suo valore con i Sex Cordas, duo acustico di cui è stato titolare con il conterraneo e straordinario chitarrista Marco Pinna, e il loro disco Mediterranean Journey rappresenta ancor oggi uno dei più limpidi esempi di guitar duo dai tempi di Al Di Meola e Paco De Lucia.
Poi l’ingresso in punta di piedi nei Lowlands di Edward Abbiati, band di statura internazionale nella quale Roberto ha portato elettricità alle splendide canzoni acustiche di Abbiati e ne è diventato, disco dopo disco, insostituibile braccio destro. Quest’anno dopo il lodatissimo tributo della “Lowlands wide family” a Woody Guthrie, quasi in concomitanza con l’ultimo lavoro della band Beyond, in cui Eddy e Roby hanno rivoltato le carte virando verso un disco rock come mai finora avevano fatto, ecco che Diana mette sul tappeto il progetto solista, questo Raighes vol 1 co-prodotto con Edward Abbiati, che vede dietro la consolle l’inseparabile Stefano Olla, una delle più interessanti realtà nel campo della cattura e resa dei suoni.
La specificità di Roberto è quella di aver saputo rifuggire le noiose e molli spire della new age, come pure le scontate pastoie del blues nonchè le facili sonorità ispaniche, tutto a vantaggio di una originalità di espressione che prende le mosse dalla musica tradizionale della sua terra (da qui le Raighes, radici in sardo, del titolo), dal crogiuolo di suoni del bacino del Mediterraneo, per giungere ad uno stile personale che ha echi illustri da ricercare in Leo Kottke, Ry Cooder, Bruce Cockbourn, Bernt Jansch e molti altri maestri ma nessuno in particolare, creando in tal modo quello che ci piace definire lo “stile Diana”.
Raighes consta di nove splendidi brani acustici (il volume 2 sarà elettrico) ed è giocato prevalentemente in solitaria anche se qualche equilibrato contributo di amici strumentisti si inserisce qua e là, in punta di piedi, per fare trentuno. Ciò che stupisce è la maturità che Roberto raggiunge negli arrangiamenti dei pezzi, con corde pizzicate, percosse e accarezzate senza mai lasciare spazio al virtuosismo fine a se stesso, che l’artista potrebbe permettersi, ma servendosi della versatilità dello strumento per mettere in grassetto le melodie, vero snodo centrale del lavoro, che sono davvero notevoli per fantasia compositiva e piacevolezza all’ascolto regalandoci, in tal modo, momenti di verà onestà e poetico stupore.
I contenuti, diversamente da Mediterranean Journey in cui erano suggeriti dal viaggio attraverso l’osservazione delle terre, qui sono ispirati da sguardi interiori e comunque da un approccio emotivo al mondo. Ecco allora che sentimenti forti, come quelli della perdita di persone care, imprimono profondità e spessore alle splendide If You Are Happy (pregevoli gli inserti del piano di Alessia D’Andrea) e In My Mind, eventi tragici e comunque sempre affrontati con compostezza da questo ragazzo schivo, timido, sempre con il sorriso sulle labbra, gentile d’animo, come la sua musica che faremmo bene a custodire gelosamente se non vogliamo che un altro cervello sia in fuga dall’Italia, anche nella musica come avviene puntualmente nella scienza. Radici che sorgono dalla terra e si elevano a cercare la luce in un mondo sempre più buio. Disco obbligatorio, rende migliori, aumenta la nostra capacità di ascolto, ci toglie di dosso l’esterofilia dimostrandoci che c’è tanta buona musica sotto le nostre suole, a star is born.