interviste
Roberto Diana Dalle Radici al mondo
Roby ha recentemente deciso di varare il suo primo progetto solista, Raighes (radici in sardo), di cui ha approntato un limitato numero di copie a scopo di presentazione del progetto.
Diciamo questo perché i brani incisi sono sei, solo acustici e suonati esclusivamente da lui, mentre il disco finale conterrà qualche pezzo in più e vedrà l’intervento di altri strumenti.
Noi di Mescalina abbiamo avuto l’onore di ricevere una copia di questo promo e ci siamo resi ben disponibili ad una conversazione che, in controtendenza rispetto all’usuale, precede e non segue la pubblicazione del lavoro ufficiale.
Il confronto è stato arricchito anche dalla presenza di Ed Abbiati, leader dei Lowlands, amico di Roby e produttore del lavoro, nonché di Stefano Olla, tecnico del suono che si è unito solo verso la fine dell’incontro.
Sarà una sequenza diversa dal solito ma può funzionare.
Roby: avevo l’idea di fare un disco mio fin da quando iniziai a suonare ma, tra un progetto e l’altro, non ero mai riuscito a trovare il tempo per dedicarmici. Adesso finalmente il momento è arrivato e quindi prende corpo questa vecchia idea anche se, per la sua realizzazione, ho usato brani di recente composizione.
Mescalina : oltre alla disponibilità del tempo c’è stata anche qualche spinta specifica per avviare nel concreto la cosa?
Roby: direi principalmente le mie vicende famigliari (Roby ha recentemente perso entrambi i genitori – nda) ed alcuni miei viaggi, sia mentali che fisici. Di per sé la composizione non è stata un problema, dato che io ho sempre scritto brani soprattutto di getto, in modo istintivo. La cosa è vera anche in questo caso; mentre ho molto chiari i motivi delle mie ispirazioni è difficile razionalizzare certe mie scelte tecniche, frutto spesso appunto di elementi inconsci. Il promo è stato realizzato solo da me ma su alcuni brani hanno già provato musicisti che, ad esecuzione in corso, mi hanno fatto notare elementi tecnici dei quali io non ero consapevole. In un pezzo il ritmo ad un certo punto passa a 7/4 senza che io me ne fossi accorto; la cosa mi fu fatta notare dal batterista il quale, come me, all’ascolto non ci aveva fatto caso per via dello scorrere naturale del brano.
Mescalina : si può parlare di un approccio “concept”?
Roby : certamente sì; ora uscirà il primo volume, che sarà acustico, poi verrà pubblicato un secondo disco più elettrico; nonostante queste differenze esiste sicuramente un filo logico che li unisce, che poi è la mia vita. Il titolo significa “radici” in sardo; la mia concezione di questo termine non è statica ma riguarda più ad un qualcosa di stabile che tuttavia si espande, si allarga per cercare vita in aree e zone nuove.
Mescalina : Come mai hai deciso di realizzare il primo cd in acustico, che tipicamente seleziona di più il pubblico rispetto alla maggior apertura del timbro elettrico?
Roby: tutto discende da come ero attrezzato nelle occasioni vissute che portarono alla scrittura dei vari brani. Poi vedremo più in dettaglio i pezzi ma, a titolo di esempio, due vennero composti mentre ero in aeroporto, uno quando ero in Sardegna, uno proprio in questo locale; in tutte queste situazioni ero in giro con la chitarra acustica. Il primo brano, S’Astore, nacque acustico per questo motivo e quindi decisi di continuare così.
Mescalina: visto che hai citato il pezzo di apertura del tuo promo partiamo volentieri da questo. Il pezzo, complice forse la chiarezza del titolo che menziona il noto rapace, risulta estremamente evocativo; fin dal primo ascolto abbiamo avuto la sensazione di un volo, libero e ampio, su di un paesaggio sottostante. Che rappresenta?
Ed: scusa ma qui vorrei inserirmi. Io non sapevo che l’astore fosse un rapace; sta di fatto che Roby, una volta composto il brano, mi chiese di provare a scriverci un testo. Ne nacque una storia dedicata a mio padre partendo dal periodo della guerra; scene varie che venivano espresse come se fossero viste dall’alto, con gli occhi di un uccello. L’effetto narrativo è in effetti molto forte e chiaro, anche indipendentemente dall’influenza che può avere il titolo.
Roby: questo è l’unico brano non derivato da una mia esperienza diretta. Avevo in testa l’immagine di questo rapace, che vive in Sardegna, che immaginavo all’inizio fermo, in attesa, così come sottolinea anche la parte iniziale del brano; poi lui parte nel volo ed il brano decolla.
Ed: questa dinamica è tipica di Roby come musicista; lui resta lì in attesa, osserva, e poi capisce cosa fare, parte e colpisce. Per come lo conosco lo ritrovo ben ritratto in questo pezzo che inizia largo, ampio per poi convergere.
Mescalina : il secondo brano è Coffee Break, nato in un momento vissuto guardando la gente in aeroporto. Qui la situazione è diversa, tu sei una terza parte che non deve intervenire ma si limita ad assistere.
Roby: ero a Los Angeles ed avevo con me la chitarra, come sempre. Io sono un appassionato di caffè e stavo sorseggiando la mia bevanda preferita seduto; in quel momento ho iniziato a notare le persone che andavano e venivano, ognuno in una sua direzione. Mi sono quindi soffermato su di loro divertendomi ad immaginare le loro storie personali, che mi hanno spinto a costruire la musica del pezzo di conseguenza.
Mescalina : qui però il senso del break non emerge dalla musica, che risulta piuttosto agitata.
Ed: in effetti il break era solo per lui, gli altri correvano e si muovevano. Il brano ritrae quindi questo aspetto della situazione. Secondo me il pezzo ricorda alcuni elementi degli Who, con la sua apertura che potrebbe riportarti a momenti alla Baba O’ Riley.
E’ questa venatura rock della musica di Roby che mi ha spinto ad accettare la collaborazione, altrimenti mi sarei sentito su di un territorio diverso dal mio.
Mescalina : in effetti, nonostante il suo carattere acustico, il disco non risulta né folk, né blues, né fingerpicking, giusto per ricordare alcune classiche manifestazioni della musica non elettrica. Inoltre il marchio ritmico appare piuttosto deciso.
Roby: sicuramente preferisco pensare a questo lavoro come un disco rock nonostante la strumentazione utilizzata. Inoltre considero i brani come vere e proprie canzoni piuttosto che come esercizi di stile o come espressioni di un curriculum tecnico, cosa di cui ho sempre avuto paura.
Ed: da subito avevamo deciso di realizzare un disco per chi lo andrà ad ascoltare. Questa cosa è piuttosto rara in un chitarrista che, quando fa un lavoro solista, corre facilmente il rischio di essere autoreferenziale.
Mescalina : dove si riscontra principalmente la matrice rock che state sottolineando?
Ed : posso dirti che uno dei miei sforzi principali è stato quello di tenere Roby lontano dalla perfezione, che a mio modo di vedere è nemica del bene. Alcuni passaggi tecnici del disco potrebbero forse essere migliorati ma ciò andrebbe a discapito della parte viscerale; qui sta l’anima rock del lavoro, nel trasporto da cui Roby si fa prendere quando esegue i suoi pezzi. Tra le tantissime take che abbiamo dei vari brani, di S’Astore per esempio ce ne sono una quindicina, abbiamo quindi scelto quelle più istintive anche se magari meno inappuntabili sotto il profilo tecnico.
Roby: questo è uno dei motivi per cui mi sono completamente affidato al supporto di Ed. Quando ti metti a suonare e ad ascoltarti corri certamente il rischio di fossilizzarti su aspetti tecnici ricercando sempre la miglior esecuzione e perdendo il punto di vista di chi ti sta ascoltando; in questo senso il lavoro di Ed è fondamentale.
Mescalina : la spontaneità è certamente uno degli aspetti più evidente nel disco e forse è quell’elemento che rende i brani simili a delle canzoni, come dicevi prima. Ma se così è perché non hai pensato a comporre dei testi?
Roby: da un lato non ritenevo che questo fosse l’album in cui fare ciò e, inoltre, non mi reputo bravo nell’ideazione dei testi; mi esprimo molto meglio con la musica, anche se mi rendo conto che questo impegna di più l’attenzione dell’ascoltatore. Per me è comunque più facile trasmettere le mie emozioni con le sole note.
Mescalina : il terzo brano, If You Are Happy, è forse uno dei più intensi e sentiti del disco.
Roby: avevo da poco perso mio padre ed ero appena rientrato dalla Sardegna. Ero proprio seduto qui, dove siamo adesso, e non avevo alcuna voglia di suonare. Chiamai casa e sentii i miei fratelli, mia sorella, mia mamma e naturalmente mi mancava la voce di mio papà. Chiusa la telefonata presi la chitarra e provai ad immaginare quale sarebbero state le sue parole se gli avessi potuto parlare; avrei raccontato a lui dei miei lavori, dei dischi e delle tournée che avevamo in mente di organizzare e pensai che mi avrebbe risposto ..”se sei felice, va bene così”. Da qui il titolo del brano, nato di getto proprio dove siamo adesso (in casa di Roby – nda).
Mescalina : il pezzo quindi è dedicato a tuo padre o è semplicemente l’evocazione di un possibile momento con lui?
Roby: messo così non ti saprei dire ma, pensandoci un po’, ritengo che sia proprio dedicato a lui per com’era, per la sua figura; come avrai notato il brano però non è nostalgico, in definitiva la telefonata per me c’è stata e lo spirito del racconto è più arrabbiato che triste.
Mescalina : e di Day off che ci dici? Sembrerebbe un titolo più adatto alla conclusione
Ed: no, il titolo significa “giorno di mezzo”, cioè una giornata che hai libera all’interno di un certo periodo; non rappresenta quindi qualcosa che è al termine.
Roby; anche questo nacque in un aeroporto, in un giorno che era “off” appunto e non solo per il periodo ma anche per i momenti che stavo vivendo. Fu in occasione del mio primo viaggio a Los Angeles; era gennaio, qui c’era la neve mentre là il tempo era il contrario, qui avevo perso tutto quello che avevo e mi sarebbe piaciuto restare dov’ero ma dovevo rientrare. Mi trovavo quindi in mezzo a queste situazioni che mi facevano proprio sentire come se stessi vivendo un day off. E’ un momento di riflessione sulla mia vita più che una narrazione di situazioni esterne, come invece per esempio è Coffee Break.
Mescalina : parliamo del quinto brano, Prayer; è un ¾ che evoca più un senso di danza che di concentrazione sulla preghiera.
Roby: in realtà qui, come anche in altri momenti, mi sono reso conto dopo che era a tempo dispari; non avevo considerato questo aspetto nel concepire il pezzo che, pure in questo caso, mi è stato fatto notare dal batterista. Per me le canzoni sono qualcosa da acchiappare, già esistono e si tratta di prenderle così come sono. Il titolo, che va inteso in senso lato, è dovuto ad un momento di riflessione personale sulle mie vicende emotive; non nego che c’è anche un po’ di introspezione.
Mescalina : il disco si chiude con Soul Hunter, altro titolo che parrebbe confermare una chiusura all’insegna della spiritualità.
Roby: non si tratta di un momento spirituale, il pezzo si riferisce ad un viaggio vero. Quando mi capita parto con la macchina e la chitarra, senza magari una meta precisa, e in quell’occasione ero in Sardegna.
Quando giri stai cercando qualcosa che magari non hai bene in mente, incontri persone che nel bene o nel male ti trasmettono qualcosa e ti senti appunto un “cacciatore di anime” proprio perché non stai cercando degli oggetti ma delle esperienze, delle sensazioni.
Mescalina : il disco quindi deriva da situazioni differenti, vissute in tempi e luoghi diversi. Come hai riunito tutti questi elementi nelle tue composizioni? Sei ricorso ai ricordi, alla memoria, o li hai sviluppati man mano?
Roby: da un lato è vero che gli episodi sono distribuiti nel tempo ma, tutto sommato, sono concentrati in un periodo piuttosto ristretto. Inoltre io registro immediatamente le mie idee e, quando posso, addirittura mi filmo per ricordare l’accordatura che ho usato. Di frequente infatti uso accordature specifiche e particolari, che cerco attraverso vari tentativi fino a che non trovo quella giusta; per questo le immagini mi fanno molto comodo. A me piacciono molto le risonanze, gli armonici, e l’uso di accordature aperte ti aiuta molto nell’ottenere queste sonorità.
Mescalina : ti senti quindi di dire che i brani rappresentino bene le idee originali e non soffrono di sovrapposizioni successive?
Roby : i brani sono “loro”. Per questo evito sempre di fare demo o incisioni immediate; all’inizio tendo a registrarmi in modo sintetico e lasciare poi che le cose vengano fuori così come devono.
Ed: questo però pone qualche problema in sede di produzione. Tornando all’esempio di S’Astore ci troviamo davanti ad una composizione che può essere languida o violenta; quindi ogni scelta che tu operi in un passaggio ne preclude altre successive. Per questo motivo Roby sovente non è soddisfatto dato che non ritrova quegli elementi che, inevitabilmente, vengono accantonati quando prendi decisioni in certe direzioni piuttosto che in altre. Lo capisco ma il mio ruolo, in questa vicenda, è di intendere quando il senso è compiuto.
D’altra parte è inevitabile che un brano, suonato ogni volta dal vivo, assuma tinte diverse e suoni perfetto per quella situazione; quando invece lo metti su disco resta così com’è e rischia di suonare sempre imperfetto ogni volta che lo ascolti. Questo almeno per quel che riguarda la lettura dell’autore; l’ascoltatore invece ha meno vincoli in questo senso e qui si esprime il ruolo di un terzo che, in fase di produzione, possa capire quando la misura è giusta e la rappresentatività di certi elementi di fondo venga assicurata.
Mescalina : già dall’ascolto, e a maggior ragione dopo aver raccolto questi elementi informativi, ci si domanda perché il lavoro non venga chiuso così invece di pensare ad ulteriori sviluppi ed all’aggiunta di altri strumenti.
Ed: per me il disco era e resterebbe questo. Roberto però ci teneva a fare un disco in cui non comparisse come unico soggetto centrale, preferendo che a risaltare fosse la musica e non il personaggio; lo capisco ed è per questo motivo che, così stando le intenzioni, l’ho consigliato ad aggiungere altri pezzi . Certamente questo è un problema dato che i brani sono talmente ricchi di armonie, melodie e ritmi che l’aggiunta di altri ingredienti rischia di portare a ridondanze o ad incongruenze. Un bel banco di prova per i musicisti che interverranno. Io ho premuto fortemente affinché il disco uscisse così com’è; il lavoro può infatti essere considerato un punto di partenza ma anche un gran bel punto di arrivo: Roby ha suonato con tanta gente ed il fatto di entrare in sala e suonare da solo ha certamente un suo senso compiuto. Tuttavia se lui ha in mente un progetto diverso è giusto che lo persegua.
Roby: Ed ha detto tutto ma occorre ricordare che già per alcuni dei brani erano state registrate parti di batterie, poi eliminate ma comunque facenti parte dell’idea originale. Io sono contento che intanto ci sia questa versione, limitata e per pochi intimi se vogliamo ma comunque esistente. Non voglio eliminare questo risultato ma semplicemente proseguire sulla strada intrapresa; devo dirti che, fin dall’inizio, non ho voluto che uscisse un disco di un chitarrista, a me piace molto suonare con gli altri e quindi così vorrei continuare.
Mescalina : quanto ci sarà dei Lowlands nel disco finale?
Roby: credo che il lavoro sarà diverso. Probabilmente resteranno analogie e richiami per quel che riguarda il modo di scrivere ma in definitiva non so quanto ci sarà del gruppo. Probabilmente qualcuno di loro suonerà ma, facendo già fatica a dare una definizione del sound dei Lowlands, non ho una risposta effettiva a questa domanda.
Ed: posso dire che per il Lowlands più importante del risultato è l’attitudine, il modo di fare le cose; il coraggio di accettare imperfezioni tecniche, la capacità di essere drammatici senza scadere nel melodramma, la forza nel restare agganciati a dei sentimenti, l’essere al di là di categorie precostituite. In questo disco sento molto di tutto ciò e in questo senso la continuità c’é.
Mescalina : quali sono i programmi a seguire?
Roby: l’idea è di far uscire il disco a primavera sperando che poi si riesca ad organizzare una tourné promozionale. Il disco sarà autoprodotto, proveremo anche a sentire qualche etichetta all’estero che conosciamo per cercare di spingerne un po’ la promozione.
Mescalina: visto che abbiamo qui anche l’ingegnere del suono la domanda è d’obbligo: a cosa ti senti chiamato per riuscire a mantenere l’anima attuale del disco coniugandola con le aggiunte strumentali di cui si è parlato?
Stefano : per me lavorare con loro è sempre stato molto facile. Il modo in cui scelgono gli strumenti, la coerenza delle decisioni e la tendenza a semplificare piuttosto che ad elaborare rendono le cose piuttosto semplici. I pezzi del disco tra l’altro possono rendere bene sia in esecuzione solista, quale quella registrata, che in gruppo. Non sono assolutamente preoccupato anzi, mi ritengo fortunato perché lavorare con loro significa trovare già le cose ben impostate; questo almeno fino ad oggi ma non ho dubbi che continuerà ad essere così.
La fiducia nel risultato finale è certamente condivisibile, vista la coesione e la sintonia del team all’opera.
In attesa che il traguardo venga tagliato noi continuiamo ad ascoltarci il promo acustico, ben consci del privilegio, e se siamo riusciti a stuzzicare un po’ della vostra curiosità abbiamo raggiunto l’obbiettivo prefissatoci. Sappiate comunque che, viste le premesse e le prospettive, vale la pena di attendere.