Il buio del temporale si abbatte su un uomo che grida verso il cielo squarciato da fenomeni naturali, lampi di luce lo illuminano, potenziando un dolore forte che urla verso l'infinito eterno; questa scena si forma immediatamente dalle prime note di
Annie di
Phomea. Questa immagine entra nelle vene, percorre il corpo dell'ascoltatore, arrivando direttamente ad ogni parte vitale, smuovendo il cuore che a tratti si arresta per partecipare ad ogni emozione, per poi battere aritmicamente al cambiare delle sensazione, sdoppiandosi come sembra farlo
Phomea.
Fabio Pocci, già membro di
S.U.S. e
Sparflatz, inizia parallelamente il progetto solista come
Phomea che arriva al primo LP ufficiale, uscito per MelaVerde Records, dedicato alla madre Annie Denise Couture. Muovendosi tra suoni, ricordi interiori, parole e sentimenti
Phomea presenta non solo un album, ma una miscellanea cupa, tormentata e pura di vortici umani indescrivibile, l'ascolto risulta una cassa di risonanza tra l'artista e la vita con al centro la figura più importante, amata, vissuta, ricordata, permettendo di vivere una lacerazione profonda anche all'ascoltatore tra un istante di otto anni prima che segna il passaggio tra l'essere figlio/uomo e poi uomo/figlio, una differenza che lo porta alla ricerca di un
Battito regolare, utopico, sperato, ma legato al ricordo che si vuole allontanare e contemporaneamente non dimenticare.
Phomea si muove su una fune che equilibra i due sé che sembrano comunicare in
Ho paura di te, in un avvicinarsi e scansarsi, nel bisogno di
Mi manca un gesto per credere e per crederci.
Immerso in una timidezza celata dalla tensione creata dal fondersi del rock, del noise, a tratti onirico, e la voce che, fin da subito, diventa riconoscibile per un timbro che riesce a trasmettere ogni sfumatura interiore e ogni pensiero di
Phomea coi suoi pensieri anche non esteriorizzati perché “
il corpo si abitua a tutto, ma la mente ...” e si torna all’immagine dell’uomo sotto la pioggia, tra la fisicità che affronta la vita e la mente che urla, senza comunicare con l’esterno, in un grido straziante interiore. La paura di sé combatte col bisogno stesso, la malinconia diventa apertura, il dolore cerca ogni forma espressiva dai brani in italiano alla lingua inglese, dai disegni a mano nel libretto, ai testi che sembrano lettere; la dolcezza e la fragilità umana si scontrano con l’irrimediabile, mentre i cori ai quali si aggiunge, inaspettatamente,
Phomea sembrano un’accettazione in
Santa Maria Elettrica, camminando indifferente tra l’indifferenza con la sola consapevolezza del rapporto madre/figlio che nella traccia conclusiva
Don’t look back sembra far invertire i ruoli, come in una ninna nanna. Le undici tracce rendono l’ascoltatore privilegiato, ed a tratti inopportuno nell’entrare così in profondità in un momento così privato perché in
Annie esistono “solo”
Phomea e la madre, ma anche al termine dell’ascolto
Fabio Pocci e Annie Denise Couture continuano a scorrere.