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Nadar Solo Diversamente, come?
2013 - Massive Arts
Si inizia con la frenetica Non Conto gli Anni, tutta un rincorrersi di note e sentimenti. La corsa prosegue con Tra le Piume, scoppiettante e venata di shoegaze.
Il Vento con è il brano in cui i Nadar Solo duettano con Pierpaolo Capovilla ( Il Teatro degli Orrori). Sarebbe riduttivo verso un rapporto umano ed artistico forte e sincero. E’ il brano che hanno scritto e suonato insieme, come se fossero un unico gruppo. La cupezza e la teatralità di Capovilla si stemperano nel paesaggio surreale senza vento, sereno ma inquietante, che intorpidisce i sentimenti bloccandoli con la paura di soffrire.
La band al riguardo ha dichiarato: “Voleva essere una fotografia del sentimento che ha invaso la nostra epoca, di una generazione presa in mezzo tra un futuro angoscioso e un passato dimenticato, costretta a vivere in un presente cristallizzato e avaro di promesse. Quando Pierpaolo Capovilla ci ha chiesto, dopo aver raccolto il nostro invito a partecipare, di poter contribuire come autore a questo testo, ha portato con sé anche una visione sentimentale in senso stretto, inventando una doppia lettura che non c'era. E' venuto così ad abitare il brano una sorta Don Chisciotte contemporaneo e malinconico, reduce smarrito dalla scomparsa di un amore e per giunta privato, insieme al vento, dei grotteschi mulini contro cui lottare. La canzone conteneva e contiene tuttora intatto un interrogativo che appartiene tanto a chi è rimasto troppo a lungo senza amore, quanto a chi per troppo tempo ha visto scomparire le redini della propria esistenza: e se un giorno il vento tornasse a soffiare, se tornasse l'amore, se la vita tornasse a chiamarmi, che cosa farei? Sarei pronto a ricominciare?”
La Ballata del Giorno Dopo porta pienamente alla luce il quid dolceamaro che è la cifra stilistica della band in questo album: testi un po’ sognanti ma inquieti che fanno capolino in squarci sontuosi nell’essenziale ossatura sonora.
Maggio Giugno Luglio dietro i “suoi cieli di stagno” e l’incedere da filastrocca nasconde una ritmica precisa come un metronomo che non so perché mi porta per un attimo a pensare agli anni ’80 (forse aveva ragione Giovanni Lindo Ferretti nell’affermare, sui frammenti d musica passata nei CCCP, che si ritrovavano “tanto stemperati che non li riconosceresti più”, ed il discorso vale per tanti brandelli sonori del passato).
Le ali è l’episodio più elettrico del disco, in cui anche la voce di Matteo De Simone si fa meno scrupoli nel mettersi vigorosamente in primo piano.
I Tuoi Orecchini e Le Case Senza Porte sono dolenti ritratti della crisi economica (“Ti strapperei i vestiti da commessa, ne avrei già pronti sai da principessa...” I Tuoi Orecchini) ed interiore, con tutto il suo fardello di insicurezze (“Mi piacciono le idee delle persone quando sono diverse dalle mie” I Tuoi Orecchini) che affiorano tra bassi e chitarre ora rabbiosi ora carezzevoli come un carillon.
Con il piccolo film de I Tuoi Orecchini finisce questo giro di giostra nel tourbillon odierno in cui paure endogene ed esogene si incastrano, lasciando disorientati i nuovi Don Chiosciotte. Che osano comunque.