Fantastiche visioni <small></small>
Italiana • Canzone d`autore • folk, rock, soul

Luca Gemma Fantastiche visioni

2023 - Adesiva Discografica

14/01/2023 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Luca Gemma#Italiana#Canzone d`autore

“Un disco intenso che ci accompagnerà per tutto l’inverno”, tempo in cui, casualmente, siamo qui in ritardo a recensire queste canzoni: così è stato presentato il settimo album da solista di Luca Gemma, uscito a ottobre a più di cinque anni da La felicità di tutti (2017). E, sì, nonostante i singoli che hanno anticipato il disco, Sul precipizio e Né santo né killer, siano stati pubblicati uno in primavera e l’altro d’estate, sembra proprio l’inverno la stagione di questo lavoro, a giudicare già dalle copertine del cd e delle due canzoni, con paesaggi brumosi e silhouette quasi spettrali in controluce di persone, alberi e colline, che possono costituire lo sfondo ideale per questi brani caliginosi e crepuscolari, che esplorano, nude, le ombre dell’animo, ma che vivono anche di sottili contrasti, alla ricerca di luce e “verità”.
Così, ad esempio, proprio Sul precipizio amalgama colori differenti, come quelli più scuri e pensosi del kazoo o del piano elettrico, quelli degli archi, visionari e sfumati di malinconia, e quelli più chiari e “ottimisti” della chitarra acustica, per raccontare un dialogo immaginario sulla solitudine. Esso sfocia in una richiesta diretta, al di là di convenevoli e discorsi formali, ad accorrere, a parlare di ciò che conta ed è concreto e reale (amore, dolore, gioia…): “Lascia stare tutto e vieni, vienimi a salvare”, perché “Qui sul precipizio del mio cuore / Puoi salvarmi solamente tu”. Sono parole che rammentano i vari “save me” più comuni in lingua inglese, più rari nella nostra lingua, quasi come se qualche vecchio retaggio culturale ci impedisse solitamente di svelare le nostre fragilità e ci rendesse più difficile riconoscere che non ci si può salvare da soli, come tutti in realtà sappiamo.



Contrasti da brividi sono il segreto anche del secondo singolo Né santo né killer: vi si ascoltano gli archi a stendere ancora pennellate gentili, dolceamare e poetiche e di contro il beat elettronico pulsante di Paolo Iafelice (che si è occupato anche di mixare l’album), così come un basso fascinoso e oscuro e di contro il suono più caldo e intimo della chitarra acustica, o il finale fischiettato (che fa venire in mente quasi quello di Alessandro Alessandroni nelle colonne sonore degli spaghetti western ad opera di Morricone e Micalizzi) a sciogliere e risolvere tutte le tensioni. D’altra parte, si tratta proprio di un brano che fiorisce sulle dicotomie per oltrepassarle e smentirle, in nome della propria identità più autentica: “Né santo né killer né vinto né vincitore / e intanto lo spettacolo va avanti / anche per un solo spettatore”. Non ci sono veri buoni o cattivi come secondo gli stereotipi delle pellicole cinematografiche: le semplificazioni sacrificano una parte della realtà, mentre dovremmo saper percepire e ascoltare tutto ciò che l’anima prova, in una scala che va dal piacere e dall’amore fino all’errore e al dolore, senza risparmiarci o nasconderci niente.

Intanto si esplicita ed elogia qui la funzione catartica della musica (“La nostra più grande fortuna è stata l’idea / di chiudere nelle canzoni violenza e paure”), che nel suo ruolo salvifico e benefico è affiancata dalla natura, già appunto ritratta nelle copertine nella sua essenza brulla e primigenia, e da L’aria del mattino della placida canzone omonima, ariosa (ovviamente) e rigenerante rispetto a quel “dolore sottopelle un dolore nascosto nel cuore”. Anche Il tuffatore cerca di lasciarsi dietro “il rumore del giorno / quello delle vanità e si getta nel profondo”; egli progetta il suo sorpasso “dentro una corrente d’aria / di una vita solitaria, di una goccia di dolore / una goccia in mezzo al mare /iIn cerca della verità, ma non sempre gli riesce / A volte incontra solo un pesce e si deve accontentare / ma il tuffatore ci riprova dopo alcune ore”. Così non si arrende e cerca equilibrio e leggerezza tra corpo, acqua e cielo.

Il ruolo della musica della nostra vita ritorna poi nei versi di Pezzi, quando si nota che “il dolore / dà forma al cuore poi lo riduce a pezzi in un istante / qualcosa muore e magari tu lo apprezzi in un cantante”. Nella musica però un artista non vale l’altro e in Cambia il mondo, Gemma, accompagnato da un magnifico piano senza tempo, che poi sfocia in suoni siderali quasi bowiani, e da cenni di armonica, canta i cambiamenti nel mondo della musica che non lo convincono e afferma di ascoltare solo gli artisti che gli sembrano veri. E aggiunge nel ritornello: “Saudade souldiers, that’s what we are, our life is full of music / but not the one that we’re being fed by (the) radio”. D’altronde già Morrissey negli Smiths inveiva contro i tanto osannati dj, che passavano in radio musica che “says nothing to me about my life”.



Io inseguo una mia idea di canzone – sperando sempre che l’ultima sia migliore e più vera della precedente – fatta di melodie cantabili e di parole pesanti che si appoggiano su groove leggeri. Per farlo uso le forme che mi piacciono di più: indie pop, soul, folk, rock un po’ sbilenco e cantautorato. Come Modugno suonato da Paul Weller al compleanno di David Byrne”, afferma Luca Gemma. E la sua musica vive, infatti, di queste metamorfosi e fusioni personali di generi e suoni: così l’elettronica che spunta nell’elegante finale di Jesus Underground, dopo le sue chitarre sinuose, fa quasi pensare ad esempio a John Cale che suona con Brian Eno. L’ironico testo ci presenta un “happy hippy” Jesus, che passava il tempo a “immaginare / le cose giuste da moltiplicare / tipo sguardi belli bei cervelli occhi veri”, ma, probabilmente deluso da quegli uomini che hanno messo da parte l’amore e hanno elevato “la stronzaggine a virtù”, scende dalla croce e abbraccia “l’underground”, per fare a modo suo, come racconta il ritornello nel suo crescendo coinvolgente.

C’è l’inverno del cuore, ma anche tanta dolcezza nel piano minimale de L’errore: “Cieco è stato il mondo a non vederti andare / Stupido anche il tempo a non volersi rassegnare”. Eppure, tra le immagini che prendono il calore della primavera e ventate di synth eterei e suoni sognanti, si stempera in malinconia leggera il rimpianto che inchioda al “giorno dell'addio”. 

È l’ennesima prova del grande talento di uno dei nostri migliori songwriter questo album a tratti accorato e consapevole come la maturità dell’età adulta, che, su ritmi quasi rocksteady su cui dondolarsi e suoni elettroacustici, ci porta a realizzare che l’amore è magnifico, ma “poi c’è sempre un pezzo da riparare” (Pezzi): “Vai gridando manca un pezzo manca un pezzo manca un pezzo / Nell’amore che va stretto manca un pezzo manca un pezzo / Era un abito perfetto manca un pezzo manca un pezzo / Nella vita manca un pezzo manca quasi sempre un pezzo”, canta, quasi sospirando di dolore, Gemma e per un attimo ti balena in mente la potente scena, dall’alta valenza anche metaforica, de Il caimano di Nanni Moretti (2006), in cui il bambino si disperava per il pezzo mancante della sua costruzione.
Il desert blues con innesti elettronici ‘70s della title-track non manca di offrirci, però, una speranza e un incoraggiamento che ci fortifichi: al presente in cui la vita sembra una menzogna e a “milioni di presagi oscuri”, si contrappongono le visioni del bambino, eccitato per un viaggio, “per resistere al tempo futuro”: “Quando guardi l’orizzonte prova a immaginare / Gli occhi di qualcuno che vorresti rincontrare / In quegli occhi c’è il coraggio che tu solo ti puoi dare / Fa’ buon viaggio è ora di partire”.

Infine, all’ennesima consapevolezza, quella che “i giorni passano” e le “cose svaniscono”, si contrappone la fortuna che “tu sei qui e mi parli / Tu sei una cosa che non passa mai”, come si canta nella lenta, breve, a tratti oscura, ma anche maestosa sinfonia finale Riverbero, tra percussioni, chitarre e sintetizzatori.

In definitiva, per il cantautore, la ricerca di qualcosa di autentico e vero, di ciò che possa colmare i nostri vuoti e ci aiuti a respirare non è semplice, ma alla fine sta a noi compiere le nostre scelte e trovare la forza per affrontare il cammino, portando con noi il viatico di questo disco di altissimo livello, uno dei migliori dell’anno appena concluso. Ai chiaroscuri più tristi e alla luce fioca dell’inverno – ci insegnano queste canzoni – possiamo trovare rimedio probabilmente con le immagini che portiamo negli occhi e le fantastiche visioni che abbiamo e restano dentro di noi. E tanto di cappello a Luca Gemma.

Track List

  • Sul precipizio
  • Ne` santo ne` killer
  • Jesus underground
  • L`errore
  • Pezzi
  • Fantastiche visioni
  • L`aria del mattino
  • Cambia il mondo
  • Il tuffatore
  • Riverbero

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