La Fame Di Camilla L'attesa
2012 - Universal
#La Fame Di Camilla#Italiana#Alternative #Indie-pop #Indie-rock
Si apre così il secondo capitolo de La Fame di Camilla. Il nuovo disco si intitola L’attesa (Universal) e con loro nulla accade per caso e nulla va dato per scontato. Pertanto se pensate che L’attesa sia uno dei tanti dischi indie-pop o indie-rock (e basta!), che vanno tanto di moda, vi siete sbagliati e di grosso. E’ vero che si parla di strani meccanismi e di amori disillusi, ma si parla principalmente di ciò che accade intorno a noi. E, aggiungerei, che è straordinario il modo in cui se ne parla! La stagione dell’amore silenzioso, pezzo d’apertura, è, al contrario di tutto ciò che può sembrare, un modo per guardare avanti consapevoli di come stanno andando le cose. E nel mondo dell’omologazione, anche dei sentimenti, arriva poi chi ha il coraggio di urlare consapevolmente la tristezza e trovare un modo per uscirne, tra un sound pop-rock abbastanza forte ma orecchiabile (La mia parte più debole).
Storie tristi che si intrecciano a storie precarie e speranza che si lascia trasportare dalla consapevolezza. L’attesa in poche parole è una condizione abbastanza dinamica, al di là del significato vero del termine. E’ proprio l’attesa del cambiamento, quella Rivoluzione che intere generazioni attendono – per quel futuro che non ho. L’attesa “suona” tutta di pancia. I momenti sereni sono terribilmente spazzati via dai momenti più ansiosi, in cui anche il sound si modifica e diventa più chiuso, più cupo. Poi però, come certi pensieri o certe speranze, si trova lo spazio per lunghi viaggi interstellari e sospensioni mentali, in cui, come Astronauti, si decide di vagare verso mete sconosciute, verso stelle nuove da esplorare o su cui dormire. Per sentirsi liberi, per sentirsi ancora vivi – insieme – in quel meraviglioso sound così ricercato e così sperimentale, che segna il punto forte di questa band.
La Fame di Camilla, Ermal Meta, Giovanni Colatorti, Dino Rubini e Lele Diana, hanno dimostrato ancora una volta di saperci fare, oltre che saperci stupire. Per questi, ed altri motivi che saranno ovvi a chi ascolterà o ha già ascoltato L’attesa, baderei ad etichettarli ancora come “emergenti”.
Applausi!