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Iacampo Valetudo
2012 - Urtovox/The Prisoner/Supermota
L'ex Goodmorningboy è tornato con Valetudo, disco co-prodotto dalla Urtovox, l'etichetta che ancora neonata produsse gli Elle, la band veneta di cui Marco era l'artefice delle musiche e dei testi.
Valetudo è una particolare forma di combattimento nella quale, per l'appunto, vale tutto, a mani nude e a contatto pieno: forse è proprio questa la filosofia di Iacampo, fare a pugni con la vita e cercare di conquistare un'emozione senza l'ausilio di inutili mezzi. Mondonuovo apre l'album, ma inaugura soprattutto la nuova stagione del cantautore: “canto quel che sono/e di un mondo nuovo”.
Minimale ed elegante, sobrio a tal punto da imbracciare una chitarra ed esprimere ciò che nel profondo si nasconde, come ad esempio i sentimenti (Amore in ogni dove); grazia artistica ed estro minimale a condire Valetudo, dieci tracce sintesi della buona musica folk, da Cohen agli altri nomi notevoli di quest'ampio scenario musicale.
Il più romantico Gino Paoli pare riecheggiare dalle note - poche ma buone - di Soltanto io, solamente noi, in un atmosfera neorealista, quella delle cose semplici; in mood filastrocca in Trecento (nessun riferimento diretto alla coraggiosa impresa degli ateniesi).
Folk made in USA - scarno sì - ma a cosa servono i toni imperiosi e i barocchismi quando l'essenziale sostituisce tutto? Tanti no e un solo si ne è l'esempio lampante: l'unico sfarzo è circoscritto ai cori, anch'essi assai minimal; la meravigliosa voce di Marco solo in due brani viene sacrificata a favore delle stupende melodie, cioè in San Martino in Pensilis e nella titletrack Valetudo.
Musicalmente c'è il più profondo Devendra Banhart in Gli inverni non mi cambieranno più. Dicono che l'essenza delle cose stia nelle parole e il concept delicato di Iacampo rispecchia a fondo l'intenzione.