Giacomo Lariccia Sempre avanti
2014 - Autoprodotto
Un ragazzo romano arriva a Bruxelles quattordici anni fa, e inizia a vivere. Conosce la musica, si diploma in chitarra jazz, fiuta l’aria, cade e si rialza. Scrive canzoni, suona, si inventa una formula vincente per farsi conoscere: girare per le case di chi voleva ascoltare un po’ di buona musica, e finanziare, con i piccoli house concerts, i suoi progetti discografici. Nasce così Colpo di sole, il secondo album del ragazzo a Bruxelles: il suo nome è Giacomo Lariccia, e il successo lo porta a suonare non più nelle case degli amici, ma in molti teatri europei, fino alla finale del Premio Tenco e del Premio De André.
Per il terzo album, Sempre avanti, Lariccia ha rifiutato quello che in Belgio si chiama lo “Statuto dell’artista”, che dà diritto ad un sostegno finanziario a chi esercita la professione artistica secondo determinate condizioni, per il pudore ad accedere a fondi che non arrivano dal proprio lavoro, ed ha tentato di nuovo la carta del crowdfunding; così duecento fans si sono stretti attorno al cantautore, sostenendolo fino al risultato conclusivo: tredici tracce molto diverse fra loro, che riflettono lo spirito poliedrico di un artista che, se deve forse ancora trovare una propria cifra compatta e riconoscibile, tuttavia manifesta uno spirito di osservazione acuto e pungente e una scrittura in equilibrio fra ironia e impegno, che lo avvicina alla scuola romana e che ricorda Gazzé o Cristicchi.
Il Belgio è da sempre terra di minatori: ed è proprio il lavoro in miniera la tematica predominante del disco, che accoglie quattro pezzi sulle condizioni di uomini provati dalla vita, scaraventati sotto terra senza adeguate protezioni né riconoscimenti speciali. Dallo zolfo al carbone, Sessanta sacchi di carbone, Sotto terra, La miniera (quest’ultimo solo strumentale, composto da suoni e rumori ben riconoscibili…), tratteggiano un affresco inquietante, concreto e non banale, evitando con cura retorica e luoghi comuni, grazie a un approccio diretto, come se l’autore interpretasse direttamente i pensieri dei lavoratori.
Ma Bruxelles (“città di tutti e di nessuno”, a cui Lariccia dedica un bozzetto dolce, sul ritmo da valse) è anche un osservatorio privilegiato da cui valutare le trasformazioni dell’Italia contemporanea; il brano che dà il titolo all’album, La fine del mondo, oppure Piuttosto, sono brani che tratteggiano vizi e angosce, vezzi e paure della nostra epoca; meno efficaci, forse proprio perché scritti prendendo le distanze (anche chilometriche) dal nostro Paese, oppure perché non particolarmente incisivi nell’arrangiamento, sono comunque godibili, e lasciano un segno nell’ascoltatore, costringendolo a riflettere, pur nell’apparente leggerezza del ritmo.
Atmosfere fra De André, De Gregori e Bubola, invece, in Due fratelli in un bosco, delicata favola sulla vita (“ammaccata, sfinita, ma pur sempre la vita”), impreziosita da un’ottima slide, che restituisce un respiro di grandi distanze; il disco si chiude con una caputiana Mambo della gonna di Marilyn Monroe, strappando un sorriso, dopo tante emozioni. Aspettiamo un tour europeo, che faccia apprezzare la verve dal vivo del cantautore.
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