Eric Sardinas Boomerang
2015 - Jazzhaus / IRD
“I want to bring straight rock'n'roll and blues together and mix them up into my own thing”: così Sardinas spiega il suo progetto. Rock-blues più boogie più rock'n'roll, e una solida reputazione dal vivo costruita sulle strade di tour interminabili che hanno già valicato diverse volte l'oceano. Su Boomerang, ad accompagnarlo per la terza volta ci sono i Big Motor, la sezione ritmica formata dal bassista Levell Price e dall'ottimo batterista Bryan Keeling, un nuovo ingresso. Il lavoro è stato registrato infilando le session tra un concerto e l'altro, nel tentativo di convogliare anche su disco il flusso di energia live e utilizzando in prima battuta solo sistemi analogici. Ma il selvaggio stile chitarristico di questo ragazzone della Florida (apprezzato anche da Steve Vai) rischia di essere oscurato dall'interpretazione vocale forzatamente sopra le righe e un po' “tamarra” (per dirla con un tecnicismo) che forse dal vivo funziona benissimo ma su disco ha dei limiti evidenti. Più Sardinas urla e strepita e più si avvicina pericolosamente a un mainstream poco originale, mentre quando si piega sulla sua sei corde lascia il segno, in un crescendo esaltante di boogie e shuffle. Le due cose capitano spesso all'interno dello stesso pezzo, e questo non contribuisce alla “serenità” del giudizio: lasciarsi andare o alzare il sopracciglio?
Per comprendere davvero la sostanza del personaggio bisogna saltellare qua e là nella tracklist del disco, il primo realizzato per la casa discografica tedesca Jazzhaus Records. Tell Me You're Mine, saggio di wah-wah style lento, torrido e “swampy” richiama l'approccio di Steve Ray Vaughan. How Many More Years, brano dello stentoreo Howlin' Wolf, è il miglior manifesto delle sue capacità: ondate e rasoiate elettriche, ma anche passaggi carichi di swing. Un omaggio alle radici, come Morning Glory, pacata e riuscitissima parentesi di Delta blues acustico che si appiccica subito alle orecchie. Blues più rock'n'roll, si diceva, e così si cita anche il grande Elvis in un classicissimo come Trouble, riproposto in stile Chicago e adeguatamente accelerato nell'esaltante turbo-finale. If You Don't Love Me ha una delicata e inaspettata introduzione acustica, un saggio di ottimo finger picking che si risolve in un solido ma rilassato boogie. Tutti questi dettagli ci dicono della credibilità e profondità di Sardinas, al di là dell'ostentazione forzata di alcuni stereotipi del genere, musicali e non. Oltre ai tatuaggi, la faccia truce, i capelli lunghi e il sudore, c'è molto di più: lasciarsi andare al boogie di Long Gone (e al controcanto slide del Dobro) non è peccato, magari sorvolando sul bridge alla Jon Bon Jovi, o giù di lì.