Si inizia con i rumori misteriosi del Mississippi per l’omaggio a Cassandra Wilson di Children Of The Night e le chitarre di Baldacci, con gli effetti e i suoni di Calcagnile, fanno tessuto e cornice al lavoro della Demuru. È chiaramente un viaggio nella propria formazione musicale quello che Blastula ci propone in questo Lingue Di Fuoco. I brani sembrano essere così conosciuti che qualsiasi libertà interpretativa pare coerente con una biografia personale. Succede così che se nella versione originale di Both Side Now, di Joni Mitchell, la chitarra ritmica era l’unico strumento ad accompagnare il canto, qui i nostri rimangono soli tra voci che si rincorrono quasi a canone e suoni incredibili ed oscuri di piani filtrati e della drumtableguitar suonati da Calcagnile.
È la volta di Nina Simone e la scelta cade su due brani “forti” come Four Women e Mississippi Goddard. Brani che parlano di vite piene di sofferenza e di ricerca di dignità. Brani che, se non hanno grandi difficoltà tecniche, ritengo francamente difficili da rendere credibili per una cantante “bianca”. È forse l’aver separato i due brani con l’omaggio a Maria Carta che chiarisce programmaticamente perché, la sarda Demuru, possa rischiare così tanto e non rimanere schiacciata da tanta pressione. E allora le tre canzoni (le quattro donne afro americane alla ricerca della loro identità, la ragazza nera uccisa sulle rive del Mississippi, la donna/madre sarda che piange per “Antoneddu me fiddolu mortu è senza cunsolu”) sono unite da un dolore unico che permette alla Demuru di essere “credibile” dove altrimenti avrebbe potuto essere semplicemente “brava”. Cecchetto e Petrella assecondano ed enfatizzano le letture dando cadenza da obliqua ballata rock a Four Women e frenetica urgenza alla denuncia di Mississippi Goddan. L’italica nillapizziana L’edera vede Lorenzo Corti lavorare bene ma la lettura non mi convince appieno. Loosin Yelav, il tradizionale armeno reso indimenticabile dall’arrangiamento di Berio per la Berberian, rinuncia alla stentoreità della voce singola per cercare mille morbide voci armonizzate tra suoni siderali. Bessie Smith è omaggiata con il celebre blues Nobody Knows You When You’re Down And Out (un brano che nei suoi 90 anni di vita è stata cantata da tantissimi: Nina Simone e Otis Redding tra gli altri) ma se la chitarra è quella di Iriondo è ben facile ipotizzare la quantità (e qualità) di delizioso rumore che aggredisce le nostre orecchie tra i cambi di ritmo di Calcagnile.
Dopo il bell’omaggio civile (e sensuale) a Susanna Baca, una scarica di adrenalina ci investe con una versione tiratissima e scura di Dancing Barefoot (Patti Smith) in compagnia di un indiavolato Corti e in cui la ritmica serrata sostiene una voce che si appropria della melodia con malata intensità! Il doloroso addio amoroso di Atras Da Porta (Ellas Regina a firma Chico Buarcque), con la sua bella lettura jazzata, è forse l’episodio più “tradizionale” del disco e precede il finale affidato a Oceania di Bjork. Rumore e quiete si alternano con il duo Calcagnile/Iriondo a fare opera di disturbo sopra il canto leggero della Demuru sino a quando le sibilate della chitarra, inaspettatamente, abbandonano le ultime frasi del cantato.
Bel disco dunque, sicuramente meno difficile e complesso del precedente Scarnoduo, che consiglio per quel sentore lavico e di passione che contiene e in virtù della bravura e dell’intelligenza che traspare anche nei, pochi, episodi “minori” dell’album. Peccato che questa esperienza, pur disponibile, non sia facilmente visibile dal vivo…ma questo riguarda forse più la poca voglia di rischiare dei promoter, e del “pubblico pagante”, che la volontà dei musicisti.