Bill Fay Life Is People
2012 - Dead Oceans
Ma allora partiamo da dove avevamo lasciato Bill Fay noi qui a Mescalina. Partiamo dalle ultime parole scritte da uno che manca - e tanto, per lucidità e cura - a queste pagine: Christian Verzeletti (recensione del Novembre 2005 della riedizione dell’omonimo album di esordio del 1970). “Bill Fay non ha bisogno di alzare la voce, di urlare o di singhiozzare. Né tantomeno di proclami e frasi ad effetto. Ha bisogno solo di essere ascoltato”. Vorrei trovare altre parole per “dire” di questo album!
Eccole “i pezzi di Fay sono percorsi da una tensione esistenziale personale, in parte discendente da quel senso di disillusione portato dalla fine degli anni Sessanta” e ancora “testi ed arrangiamenti sono piantati nell’interiorità ma crescono vigorosi e rigogliosi anche in quei pezzi in cui la luce sembra essere più fioca”. È ancora Verzelletti che legge con precisione una poetica rimasta integra e magicamente immutata a distanza di 42 anni dall’esordio.
Anche in questo Life Is People la ricerca della spiritualità è forte e intima e rispetto ai paragoni un po’ superficiali con Nick Drake e Dylan ancora Verzelletti scrive: “per quanto sfumature di questi autori compaiano nella musica di Fay, questo stile altisonante non gli appartiene”; e com’è vera ancora oggi l’analisi successiva: “Il canto di Fay è melodico, ma non compiacente: si alza lieve e fermo e dà proprio l’idea di camminare sulle acque di Hyde Park come nel fotomontaggio della copertina”… “è una malinconia non adagiata, che sgorga viva da una ferita sempre aperta”.
E allora, al di la della sterile segnalazione di questo o quel brano, mi piace scrivere di nuovo, come fossero mie, le parole di Christian citate all’inizio: Bill Fay non ha bisogno di alzare la voce, di urlare o di singhiozzare. Né tantomeno di proclami e frasi ad effetto.
Ha bisogno solo di essere ascoltato.