Bill Evans Some Other Time: The Lost Session From The Black Forest
2016 - Resonance Records / IRD
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Il risultato sono 2 cd – il primo più tradizionale, il secondo più “sperimentale” – e 21 pezzi a geometria variabile: c'è il trio, c'è il duo e c'è anche qualche performance solista di Evans. 21 caramelle di qualità sopraffina, da succhiare con calma. Il pianista che ha rivoluzionato lo schema del trio nel jazz è fotografato agli albori della fase stilistica che il critico jazz Marc Myers definisce del “poeta percussivo” (1966-1978), catalizzata proprio dall'ingresso nel gruppo di Eddie Gomez, che lo spinge oltre lo “swing romantico” del periodo aureo 1961-1966. In tutte le tracce del disco Gomez è l'alter ego di Evans e ne ricalca il gusto musicale e le finezza, sia che faccia da contrappunto al leader sia che si produca in delicatissimi assoli - di cui l'alta qualità della registrazione ci fa quasi “toccare” la tessitura - avvicendandosi con millimetrica precisione alla note del pianoforte. DeJohnette marcia invece più defilato, provvedendo a un agile e swingante collante ritmico, con pochi sussulti: quando però pigia il pedale sull'acceleratore (You're Gonna Hear From Me) o si prende qualche stacco deciso (Walkin' Up, uno dei brani originali) i risultati sono al top dell'intera esperienza di ascolto. Evans mantiene un livello altissimo, alternando brillanti cavalcate swing, atmosfere intimamente romantiche e qualche passaggio più etereo ed astratto, sempre nel segno di un'efficace concisione. Uno spettro stilistico molto ampio senza nessuna concessione al virtuosismo, nessun barocchismo, nessuna sbrodolata melodica o eccesso interpretativo: una lezione che tanti suoi seguaci sembrano aver dimenticato. La sensazione è quella di un genio al servizio della musica, e non viceversa.
Difficile scegliere tra tanta abbondanza. You Go To My Head è un esordio autorevole, un accattivante up-tempo che apre lo scrigno dello meraviglie. Frugando all'interno si rintraccia anche qualche brano orginale di Evans, come Very Early, che al tema introspettivo fa seguire un rilassato swing, o Turn Out The Stars, romantico ma pieno di accelerazioni, o il già citato Walkin' Up (uno dei più interessanti del lotto), giocato sull'intreccio di riff sincopati. Baubles, Bangles & Beads, dal musical Kismet (1953) proposto sia in duo che in trio, è una doppia performance su un tempo dispari, il classico waltz-groove su cui il grande pianista si muove da maestro. In fondo al primo cd, Some Other Time (Leonard Bernstein) comincia con gli accordi sospesi utilizzati anche in Flamenco Sketches, il brano di Kind of Blue (1959) cofirmato da Evans e Miles Davis: è un omaggio al mood cerebrale e incantato di di quel disco, un approccio che qui torna anche in On Green Dolphin Street. Non mancano spazi per qualche divagazione in piano solo. L'esplorazione di It's All Right With Me (Cole Porter) ha il fascino del non-finito ed è rivelatrice della cultura classica ed europea del nostro. Ma forse valgono di più, in questo senso, i 7 minuti tondi tondi di My Funny Valentine: Evans sciorina un'idea dopo l'altra, tra melodia, swing, riff e blues, senza un attimo di noia e con bel crescendo finale.
Di solito per operazioni come questa, la chiosa è: consigliato solo a chi ha già tutto dell'artista. Niente di più falso. Anche chi Evans non lo ho mai nemmeno ascoltato può tranquillamente partire da qui, e regalarsi novanta minuti di bellezza.