
Arcade Fire Neon bible
2007 - Merge Records
Parte di “Neon Bible” (scritto, prodotto, arrangiato e suonato da questa eclettica e forse un po’ pazza band composta da Régine Chassagne, Richard Reed Parry, Win e Will Butler, Tim Kingsbury, Sarah Neufeld e Jeremy Gara) è stata registrata nella St. James Anglican Church di Bedford e nell’Église St. Jean Baptiste di Montreal (oltre che a New York, Budapest e a casa di Régine): se l’ambiente conta qualcosa, questo può già darci qualche indicazione di massima sui toni seri, cupi e apocalittici che pervadono le luci al neon di questa Bibbia rock, degnissima erede di quel funerale che aveva sedotto pubblico e critica di mezzo mondo.
Il viaggio inizia con “Black Mirror”, un’immaginaria galleria con specchi neri alle pareti (“The black mirror knows no reflecion”) che ci conduce nei meandri di “Neon Bible” (il nome dell’album è preso da un romanzo di John Kennedy Toole): i suoni sono quelli che abbiamo imparato a conoscere in “Funeral” (quando chitarra, basso, archi, batteria e rumori sinistri si miscelano per dare vita a canzoni fuori dal comune), con un testo più claustrofobico ed apocalittico che mai (“Mirror, mirror on the wall / Show me where them bombs will fall”).
Anche la seguente “Keep the car running” rientra nello spirito del disco precedente, con ritornelli che esplodono in cori affascinanti ed un affastellarsi di suoni e rumori che sembrano provenire da ogni dove: i temi ancora cupi, tra incubi e paure dalle quali non si riesce a sfuggire. Se la titletrack è un breve gioiellino in grado di stemperare un po’ la tensione (grazie alla seconda voce femminile), “Intervention” è invece un macigno d’intensità che entra di diritto tra le loro migliori composizioni: sulla base di un organo inizialmente imperioso, la band colpisce al cuore forte della voce del suo leader che si sposa alla perfezione con i diversi strumenti, fino alla massima esplosione finale. Dopo la staffetta vocale (maschile e femminile) di “Black wave / Bad vibrations”, ecco un altro macigno (che riporta alla “Crown of love” del disco d’esordio): “Ocean of Noise” segue la grandiosità di “Intervention” parlando d’amore con toni melanconici ed imponenti fino ad individuare drammaticamente “An ocean of violence / Beetween me and you”.
La seconda parte del disco ripropone sostanzialmente le stesse tematiche concettuali e sonore: c’è la velocissima e trascinante “The well and the lighthouse”, forte di organi e seconda voce; c’è un altro bel macigno chiamato “(Antichrist television blues)”, con un testo tutto da scoprire lungo quanto un romanzo breve; c’è “Windowstill”, una delle canzoni più orecchiabili del disco, seguita dalla rockeggiante “No cars go” che già avevamo conosciuto in passato; c’è infine la scarna “My body is a cage”, che suona come un demo di John Lennon (un po’ ubriaco).
Ammetto che, dopo “Funeral”, avevo quasi paura di un nuovo disco degli Arcade Fire: sono troppi i casi in cui la second coming non si dimostra altezza (vedi ad esempio Damien Rice), e quando l’esordio è di cotanta bellezza la delusione brucia a lungo. Fortunatamente non è il caso dei sette canadesi: “Neon bible” è la continuazione di un discorso che porta immagini e tematiche sulle quali riflettere al di là della musica. Se gli esordi possono essere un colpo di fortuna, un secondo disco così si chiama classe.