Ma la sua personalità artistica straborda gli angusti confini delle aride stampe di metacrilato e arriva anche ai vernissages, da sola o accompagnata da Natalia Saurin, sua compagna nel progetto Allun.
Questo mini, che segue i primi tre capitoli della saga di ?Alos e comprende tre brani (due tracce riarrangiate dal precedente "Ricamatrici" (2009) e una nuova che anticipa l’album vero e proprio, remixata per l’occasione da Makoto Kawabata degli Acid Mothers Temple), intitolato “Yomi. L’oscura terra dei morti”, è dedicato allo sciamanesimo.
Difficile quindi soffermarsi solo sull’aspetto musicale se vogliamo avvicinare nella sua completezza un percorso artistico così personale. Sintetizzando, l’idea che sta dietro ?Alos è la stessa che ha animato la materia cui si sono dedicate le ricerche di Ernesto DeMartino sul tarantismo e sulla magia nel Sud Italia, e parte di quelle di Claude Lévi-Strauss, giusto per citare i nomi che circolano maggiormente anche fuori dalle accademie; ma più vicino a noi anche le performances e le esposizioni di un artista come Franko B, che lo scorso anno ha presentato al Pac di Milano il progetto I Still Love.
I prodromi di ?Alos infatti sono in una serie di performance intitolate L’Arte della Cucina, dove Stefania Pedretti preparava una romantica cenetta per il suo uomo, scegliendo uno spettatore, facendo ascoltare al pubblico musiche da lei scelte, prima di arrivare a produrne di proprie, inizialmente per chitarra elettrica, voce e violino, innestati sulle basi di Dj Tonnerre e Mae Starr (Rollerball).
Romanticismo regressivo, e per questo disturbante, che inserisce in uno scenario intimistico linee di fuga all’indietro, tentazioni claustrofiliche su cui la voce di Stefania, come una Diamanda Galas o a una Yoko Ono essenziale, lontana da virtuosismi o ironie Fluxus, tende tramite il lavoro sul timbro al recupero di una fisicità negata da strutture musicali scarne e essenziali.
Una delle migliori trasposizioni in musica dell’essenza dello sciamanesimo, di cui la produzione discografica in oggetto esplora un nuovo tassello spostandosi verso la mitologia giapponese.
In questo mini, dunque, registrato da Boris Wilsdorf a Berlino negli studi degli Einsturzende Neubauten, le tracce hanno basi minimali, loop, screziate da accenni di melodie. Sono brani iterativi, che si richiamano a una idea di trance trasposta in una serie di gesti sonori tra l’acido e il gotico.
Taglio è una specie di nenia ripetuta, con una scansione ritmica minimale e ciclica, screziature di chitarra slide e note stoppate in sottofondo. Fili di Capelli si sviluppa attorno a un bordone sfigurato da improvvise rasoiate di chitarra (Claudio Rocchetti) su cui Stefania gutturalizza un peana d’amore e solitudine, mentre Panas, che supera gli otto minuti e che vede il guru del collettivo giapponese affaccendarsi con nastri analogici e chitarre in reverse, si stacca notevolmente dagli altri due brani e pur mantenendo una struttura semplice costruisce una teoria di stratificazioni vocali e strumentali di fascino e compattezza notevoli. Si attende quindi con curiosità il nuovo capitolo lungo della saga ?Alos.