?Alos

interviste

?Alos C'è una strada nel bosco

13/04/2012 di Gianpaolo Galasi

#?Alos#Derive#Suoni

Ha appena pubblicato Era sulla neonata etichetta Tarzan Records, che sancisce lo spostamento del suo progetto solista ?aloS verso il rituale. Dal vivo, introduce la musica con una danza per capelli e campanellini per realizzare la quale ha studi antichi rituali antropologici, mentre con OvO, assieme a Bruno Dorella, storica figura dell’underground italiano e fondatore dodici anni fa di Bar La Muerte, etichetta che ha dato alla luce artisti del calibro di Bugo, Bologna Violenta, Ronin e Daniele Brusaschetto, ha diviso il palco col duo Aidan Baker e Leah Buckareff, in arte Nadja. Completato un giro di concerti comprensivi di OvO Fest al Magnolia di Milano per celebrare, con Fuzz Orchestra e Zeus!, una fetta consistente della musica di ricerca fatta in Italia, ecco cosa Stefania Pedretti ci racconta della sua storia e del suo presente, fatto di concerti – ci concede questa intervista e le belle foto che trovate a corredo tra una data e l’altra – e di performances all’insegna della fusione tra ancestralità e danza butoh.
Per cominciare, parla ai lettori di Mescalina di te. Come diventi musicista? Cosa ti ha spinto a imbracciare una chitarra, a armarti di microfono e a presentarti inizialmente al mondo con Allun e Ovo? Come sono nati quei progetti? Che tipo di ‘flora’ e ‘fauna’ vi girava attorno, o vi attraversava, e cosa è cambiato in questi dieci anni e più dai vostri esordi, attorno a voi?

***?Alos: nel 1998 facevo parte di un C.S.A. LASEDE a Vigevano (la mia città natale), è nata lì la mia voglia e possibilità di fare musica. Le Allun son nate lì; eravamo tutte e 4 parti attive del posto e andandoci tutti i giorni organizzando concerti ecc, abbiamo sentito l'impulso di creare anche noi un gruppo, che non fosse solo musicale ma che unisse anche il nostro lato folle/artistico, così abbiamo deciso anche di travestirci, iniziare i concerti con performance sempre diverse e di improvvisare tutto: musica, costumi, performance e molte volte anche la formazione, un freeform completo. Anche gli Ovo son nati lì. Penso che i C.S.A dovrebbero servire soprattutto a questo, a CREARE!!! Che flora e fauna... sono cresciuta musicalmente nell'ambiente anarco-punk. In quegli anni siamo riusciti, sia nel nostro posto ma anche in molti altri sia italiani che esteri, ad unire l'ambiente punk con l'avanguardia e la sperimentazione. Con Allun e Ovo suonavamo tranquillamente in tutti gli squat italiani e europei. Ora è più complicato, molti C.S.A e squat hanno smesso di aprirsi anche a generi “altri” facendo solo concerti H.C.punk e Crust. Io continuo comunque ad andarci a suonare quando posso, amo e sono orgogliosa della mia scelta, condivisa anche dagli Ovo, di volere suonare sia in Club super ufficiali che in squat ultra radicali, perchè continuo a sostenere certe ideologie. 

***Tu tra l’altro hai partecipato anche ai primi dischi di Bugo, suoni il violino in Ti Ho Vista e in Nero Arcobaleno … dato che ora nei tuoi album solisti hai spesso ospiti (Claudio Rocchetti, Makoto Kawabata, Kris Force, lo split 7” con Xabier Iriondo), com’è, da entrambe le parti della ‘barricata’, collaborare a una visione altrui?

***?A: Con Bugo ho collaborato per anni, non solo suonando nei dischi, ma facendogli da stylist e partecipando in alcuni video. Ci conoscevamo da tanti anni, anche lui è di vicino Vigevano, al C.S.A LASEDE ci siamo conosciuti meglio e sono nate le prime collaborazioni. Ad esempio abbiamo fatto i primi tour delle Allun con Bugo e lui ha registrato insieme a Jacopo Andreini “Onussen” e ci ha fatto qualche volta da dj per le sfilate Allun. Le collaborazioni mi piacciono molto, arricchiscono il disco e puoi dare o ricevere spunti o suoni che mai da solo avresti immaginato. Per ?Alos, ad esempio, io lascio carta bianca e sia Makoto che Kris hanno creato musiche per i miei pezzi che mai avrei fatto da sola e che neanche mi immaginavo, arricchendoli in maniera superlativa o a volte trasformandoli. Stupendo!!!


(?aloS a Musica nelle Valli, S. Martino Spino, 30 maggio 2009)

***Il tuo progetto solista, ?aloS, nasce se ho capito bene nel momento in cui ti trovi, per caso, ‘da sola’; da lì inizia un processo di riappropriazione che ti porta alle prime performance/concerti e poi a circondarti di nuovi collaboratori, e a produrre i tuoi ultimi tre album a Berlino … si ha la sensazione che si passi da un assemblaggio di segni con un modus operandi che se vuoi è vicino a quello della sound art (suoni concreti, field recordings mescolati a vecchie registrazioni su vinile, strumenti ‘analogici’ e la tua voce), anche se con caratteristiche molto personali che trascendono quel mondo (la sound art indaga come il suono influisce la percezione dello spazio, sia in senso intimo che in senso ambientale, mentre tu indaghi, anche per via del tuo ‘lato performer’, come i dettagli possono gettare luce l’uno sull’altro e costituire un insieme) mentre nei tuoi ultimi lavori, tutto è diventato più ‘organico’, come in Era, che è un rituale che richiama, come tu reciti, ‘il corpo andato, bruciato, finito’ …

***?A: ?Alos è nata sul treno Palermo-Milano dopo aver fatto un piccolo tour Allun da sola (primo e unico). Grazie ad esso ho sentito che potevo suonare anche in solo, esprimere ed ampliare ancora di più il mio estro artistico-performativo. I primi show erano strettamente performance per l'inaugurazione delle mie prime mostre personali, poi ho cominciato a integrarci la musica ed è nata la vera ?Alos: un essere multidisciplinare. Anch'io sento una grande evoluzione nel mio percorso artistico e di aver raggiunto in Era un buon equilibrio fra musica e performance, tra la mia ricerca personale vocale e quella concettuale/artistica. Sento che finalmente i miei due lati sono espressi in egual modo. Prima la parte estetica performativa aveva la predominanza forse a scapito di quella musicale.

***Metto su "Adan", disco delle Allun, e sento uno strumento che potrebbe sembrare un likembe africano. In altri pezzi ci sono filastrocche, suoni che sembrano provenire da farfisa, trapani, modulatori ad anelli, sonagli, giocattoli, oggetti. Oppure ascolto Ottolaquilotto, e sento una filastrocca attraversata da correnti di elettricità. Cosa vi portavate/portate in studio e in viaggio tu e Natalia Saurin? Come nascono i vostri pezzi?

***?A: il primo disco delle Allun è Et sise e prima ancora c'è stato un 7”. Adan (raro da avere, quindi son super contenta che tu sia riuscito a sentirlo) è un album “di mezzo” fatto per l' etichetta statunitense Slippy Town. Adoro Ottolaquilotto, risentendo le Allun a volte resto stupita dalla follia, la spontaneità che aleggiava in noi, non so se ora riuscirei più ad essere così “libera”! I pezzi nascevano da improvvisazioni totali! I tour Allun erano assurdi; giravamo con borsoni pieni di giochi, elettrodomestici, vestiti e naturalmente la mia chitarra. Natalia si preparava un tavolo stracolmo di oggetti e decideva al momento cosa suonare e la magia nasceva. Comunicavamo fra di noi su un altro binario, non c'era bisogno di guardarsi, parlarsi o programmare. Mentre suonavamo l'empatia era totale. Idem con tutte le altre ragazze che hanno suonato nelle Allun. C'era un filo trasparente che ci univa o per essere romantica un pentagramma trasparente.



(Allun, “Due Bambine Nel Bosco”, videoclip di Caccia+Grilli)

***Ti ho vista dal vivo con il tuo ultimo spettacolo, quello dove suoni anche i tuoi capelli coi campanellini, e ho notato che hai una corda di basso. Come nasce il suono del tuo strumento? Come lo hai costruito? Cerchi di riprodurre qualcosa di preciso, o il suono che vuoi lo ‘trovi’ e lo ‘riconosci’ come quello giusto, di volta in volta?

***?A: penso che la mia ricerca musicale e stilistica nasca dal desiderio di voler produrre un suono o un'immagine che ho in testa e di renderlo reale con i mezzi che ho. Il suono della mia chitarra è un evoluzione di toni in 10 anni, il cercare di tira fuori un suono sempre più grave, basso e cupo da una chitarra. All'inizio mi limitavo ad “accordare” la chitarra alla mia maniera smollando sempre più le corde, poi ho cominciato a inserirci quelle da basso. Ora con Ovo suono in un ampli da basso la mia chitarra super scordata bassa e con corde da basso!!! Lo stesso vale per la voce: ricercare di ricreare con la mia voce “femminea” la voce grave maschile.

***Quando ho ascoltato l’ultimo disco di Ovo ho avuto la sensazione che il tour con Nadja e Thrones abbia sedimentato qualcosa e liberato energie … il suono di Ovo e il modo in cui ‘componete’ hanno acquisito una varietà e profondità giocata in maniera diversa rispetto al passato. Penso a The Owls are not what they look like, ma in realtà tutto il disco è percorso da energie nuove, e anche il modo in cui tu e Bruno entrate in gioco sembra più ‘organico’ …  dato che queste domande ti arrivano a ridosso di un nuovo tour, cosa ci puoi raccontare?

***?A: The Owls are not what they look like è uno dei miei pezzi preferiti proprio perchè racchiude l'essenza di questo nuovo approccio al disco. Quindi penso esattamente quello che dici: in un certo senso siamo maturati! Il grande cambiamento dai primi dischi è che i pezzi sono stati creati in studio e non (come facevamo agli inizi della storia Ovo) durante i concerti. Ciò ci ha permesso di comporli con un occhio anche all'arrangiamento. Il tour è stato strano, a volte sento che i tempi son veramente cambiati (che frase da vecchia hahaha) e che la gente non desideri più vedere concerti che stupiscano, che diano emozioni nuove, ma vogliano vedere concerti di gruppi che sono o trendy in quel momento o che conoscono di già. Comunque a parte ciò, son andati molto bene, la migliore data è stata a Bruxelles con i Nadja. Essere in tour e passare insieme 15 giorni consecutivi ha portato me e Bruno a parlare e riflettere sul nuovo disco,quindi nell'estate cominceremo a creare i nuovi pezzi.


(OvO + Nadja, Live at Parco della Colonia Osoppo, 18 aprile 2010)

*** Con ?Alos hai espresso diversi volti di femminilità ‘intima’: le cuoche, le ricamatrici, le streghe. Hai affermato che se ci rendessimo conto che non esiste differenza tra uomo e donna, non esisterebbe più nessun conflitto. Tu hai esplorato anche testi di antropologia per approfondire l’aspetto rituale della musica, e il suo valore ‘regressivo’, la sua capacità di tornare al ‘prima della parola’ (che è un po’ come dire ‘prima del gender’, quando tutto era mescolato), e di riunire gli opposti …

***?A: Già il mio solo è per me un “trattato” storico-sociologico, ogni nuovo live nasce da una riflessione  su uno stato sociale femminile a cui voglio dare voce. Far ricordare, in maniera veramente diversa, la storia delle donne, soprattutto di quelle “comuni”.ERA vuole far riflettere sul PRIMA, perchè molti concetti, parole che ora sono di uso comune e che diamo per sempre esistenti, hanno avuto una nascita e c'è stato un momento in cui prima non esistevano. Oggi ci affanniamo a studiare, in altre culture, il loro concetto di genere, transessualità, omosessualità  per dare una spiegazione dell'uso contemporaneo di queste parole, ma il punto è che esse non esisterebbero in natura. La nostra società le ha create per differenziare il “normale” o “sano”, dal “malato” o “diverso”; leggo molto e mi sto documentando molto su questo argomento.

***In che lingua canti? E il modo in cui bilanci il corpo, che a me ha fatto venire in mente il butoh, da dove trai ispirazione?

***?A: canto nella MIA lingua, un linguaggio creato in 11 anni o più di concerti e che ora è diventato consapevole. Il punto è che io non canto, ma suono la voce: lo faccio unendo lettere e suoni e fissandoli in pezzi diventano linguaggio. Penso che sia questa l'origine di una lingua, ogni persona creava il proprio linguaggio abbinando un suono ad un oggetto, poi facendo parte di una tribù, condividendo questa nuova scoperta e diffondendola, il suono diventava un nome e acquistando un uso comune diventava un veicolo di comunicazione. Non so se è chiaro, è un mio trip di questi ultimi anni cercare di far riflettere sulla “lingua”. Soprattutto nella musica rock tutti questi discorsi concettuali non sono contemplati e perciò nelle mie recensioni, come ai miei concerti, vengo sempre descritta come “Stefania che urla e fa suoni animaleschi” e la gente si chiede il perchè di questa mia scelta o che lingua uso e, pensa che buffo, fuori dall'Italia tutti pensano che io canti, magari in italiano..ahhaha. Il corpo è il mio altro chiodo fisso del momento; la mia musica è sempre stata molto fisica, ma negli ultimi anni sentivo sempre più il desiderio di ampliare la ricerca fisica del suono, la voce, in particolare è FISICA, cambia secondo come ti muovi o respiri. Ioioi [Cristiana Fraticelli, ndr] mi ha sempre fatto notare come le Allun e poi ?Alos fossero butoh e mi ha sempre suggerito di scoprire questa danza. Vivendo a Berlino ho avuto modo di vedere molti spettacoli di butoh e di far conoscenza di importantissime maestre. Poi ho cominciato a fare workshop di butoh e quest'anno, finalmente,  ho collaborato con Yuko Kaseki in “Terra”, il mio primo vero spettacolo/performance teatrale o di danza, non so come definirlo. In esso ho potuto sviluppare e rendere protagoniste la voce e il corpo. Un'esperienza che mi ha arricchito tantissimo e che spero di portare altre volte in scena. Da dove traggo ispirazione? Dal malessere e dalle ingiustizie che mi circondano. Esse mi danno lo spunto concettuale su cui lavorare e poi trasformo il tutto in suono attraverso l'utilizzo istintuale di me stessa, rendendomi strumento e liberando gli archetipi che sono in me.