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interviste
Gianni Maroccolo Nel mondo del sonatore di basso: sogni, storie e suggestioni tra musica e parole.
A pochi giorni dalla conclusione del crowdfunding che ne permettera' la pubblicazione, abbiamo chiesto a Gianni Maroccolo qualche dettaglio in piu' su Il sonatore di basso, un lavoro a piu' mani incentrato su musica e ricordi che sara' pubblicato in primavera da Libri Aparte, e che celebra piu' di quarant'anni di attivita' di questo musicista visionario e innovativo, la cui presenza in gruppi come Litfiba, C.S.I, P.G.R. e Marlene Kuntz ha contribuito alla definizione di un modo unico di suonare il basso in Italia.
Il nucleo originale del progetto include due volumi: il primo, con 106 partiture e spartiti curati dallo youtuber Mur Rouge, ed il secondo intitolato Memorie di un sonatore di basso dove Maroccolo stesso ricorda la storia di alcuni dei brani trascritti. A questo nucleo si aggiungono diverse opzioni in edizione limitata, la piu' completa, il Flight Case, conterra' i due volumi, un'appendice con spartiti extra, il download digitale dell'EP Corda, il video tutorial delle parti di basso di 4 brani curati da Mur Rouge, e un certificato di proprieta' autografato e numerato.
Questo nuovo progetto va a completare idealmente Il Maroccolario di Giuseppe Pionca, che curerà la postfazione del volume Il sonatore di basso. Laddove Il Maroccolario raccoglie in maniera capillare ciò che hai realizzato sia come musicista che come produttore, questo offrirà ai lettori un volume di tablature e spartiti di oltre 100 linee di basso rappresentativi della tua carriera, sia un libro dove racconti le impressioni e i ricordi legati ad ognuno di loro. In tutti questi anni assieme al basso, come si è evoluto il tuo rapporto con la musica scritta e suonata?Direi che è un rapporto in perenne evoluzione. Da giovane ho imparato a leggere e a scrivere musica, ma fa ormai parte di ricordi annebbiati. Da quando i computer sono diventati registratori e veri e propri strumenti musicali, mi piace da matti comporre in modo istintivo ed analizzare in un secondo momento i vari aspetti “teorici” di ciò che ho suonato. Un po’ come dire: impara l’arte e mettila da parte o, eventualmente, utilizzala quando sei in difficoltà o per comprendere come sviluppare una composizione.
A questo lavoro stanno partecipando diverse persone: lo youtuber Mur Rouge alla trascrizione fedele di linee e spartiti, l’illustratore Lionello Nardon a curare la parte grafica, l’illustre Telmo Pievani (con cui hai già collaborato nel progetto Deproducers), lo scrittore Sacha Naspini alla cura delle introduzioni dei due volumi, e i vecchi amici Giovanni Lindo Ferretti e Antonio Aiazzi, senza trascurare Andrea Salvi di Libri Aparte: come si sono incrociate le vostre strade?
Alla base credo che vi sia un’empatia potenziale che, quando meno te l’aspetti, si manifesta in modo naturale. Ognuno di noi, e ogni cosa sul pianeta, è in costante vibrazione e questo genera delle frequenze: quando queste frequenze modulano, diventando simili ad altre, ecco che ci si attrae e ci si incontra. Immagina un cielo pieno di puntini e che una serie di questi puntini inizino in un dato momento a brillare con la stessa intensità e colore: quello è l’attimo in cui ci si riconosce e quella luce (o energia che dir si voglia) ci rende un tutt’uno. Se ti apri alla vita senza preconcetti, capita di ritrovarti a condividere esperienze e progetti con persone fantastiche come quelle che fanno parte di questo progetto visionario.
Nel Flight Case sarà contenuto anche un EP, Corda, di cui hai presentato un estratto, E noi amiamo la vita. Questo brano è una poesia di Mahmoud Darwish interpretata da Andrea Chimenti e da te musicata. Come sono nati i brani qui presenti?
In realtà non saranno tutti brani inediti: Corda è l’occasione per pubblicare qualche vecchio provino, versioni primordiali di alcuni pezzi già pubblicati e ovviamente anche qualcosa di nuovo. Insomma, sarà sicuramente un EP bizzarro: pensa che proprio stanotte abbiamo deciso con Mur Rouge di inserire anche il provino casalingo di quella che poi diventò Millenni dei C.S.I.
I diversi crowdfunding legati ai tuoi progetti (Vdb23, Eneide, Riprendiamoci Attilio etc.) ti hanno permesso di accorciare notevolmente la filiera dal produttore al consumatore: li trovo molto affini al tuo modo di lavorare e alla volontà di mantenere la tua libertà espressiva. Dal successo di queste iniziative si nota un moto di reale interesse e calore umano attorno a quello che fai, tanto che questo legato al Sonatore ha raggiunto l’obiettivo prefissato per la produzione e realizzazione in tempi velocissimi: te lo saresti aspettato?
A dire il vero non ho mai aspettative, ma non posso negare che ogni volta mi emozionano l’affetto e il calore umano che mi circondano. Non davo affatto per scontato che il progetto raggiungesse l’obiettivo, ma in cuor mio lo speravo soprattutto per alleggerire i costi di produzione dei manufatti che stiamo realizzando. È innegabile che, al di là dell’aspetto puramente economico, mi gratifica soprattutto rendermi conto che le mie scelte hanno avuto un senso, che esista una via “altra” per tentare di realizzare i propri sogni. E mi riempie di orgoglio la filosofia “indipendente” che sta alla base del progetto che coinvolge tutti noi. Sarà banale ma, soprattutto alla mia età, son soddisfazioni. Molto di più che ritrovarsi in classifica o in un palazzetto gremito. Il mio rapporto con la musica non è mai stato legato alla ricerca della popolarità e del consenso.
Dal 6 dicembre 2024, data di lancio del crowdfunding ad oggi, si sono aggiunti diversi tasselli al nucleo originale del progetto, come se Il sonatore di basso fosse un’opera capace di modellarsi e cambiare nel tempo aumentando di qualità sia nei dettagli che nelle idee che continuano a scaturire. Mi dà l’impressione che, un po’ come te, sia in costante evoluzione: ti rivedi in questo?
La musica è un linguaggio che ti dà la possibilità di connetterti con altri, un mezzo per comunicare, veicolare idee, emozioni. Ti dona la possibilità dell’incontro e del confronto. Si fa musica per se stessi, ma con la speranza profonda di riuscire a condividerla con gli altri. Se penso ad alcuni miei progetti “solisti” come Vdb23, A.C.A.U. o Alone, mi viene da sorridere. Concepiti come dischi in solitaria, in realtà sono diventati progetti multisolista, densi di collaborazioni una più bella e sorprendente dell’altra: un valore aggiunto.
Chi ti ha seguito nel tempo sa che originariamente non pensavi alla musica come professione e che il basso inizialmente ti è capitato come capitano le cose belle nella vita, riflettendo a posteriori. Qual è stato il momento di folgorazione per cui ti sei detto “ecco, io nella vita voglio dedicarmi solo a questo”? Qual è stata la molla che ti ha avvicinato alla musica?
Se non sbaglio, è accaduto nel periodo di 17 Re dei Litfiba. Furono i numerosi concerti all’ estero a farmi prendere consapevolezza di me stesso e a farmi capire quanto fosse concreto il talento e il potenziale del gruppo. Confrontarsi con altri artisti, scoprire le differenze culturali di altri paesi, è stato un momento di grande crescita. Al ritorno da uno dei lunghissimi tour europei accettai (di buon grado) ciò che la vita mi stava offrendo, ovvero la possibilità di trasformare la mia più grande passione in un mestiere anzi, il più bello dei mestieri possibili. Forse questo segnale arrivò molto prima: a 6 anni già strimpellavo e passavo le notti ad ascoltare la radio, una piccolina a transistor che mettevo sotto il cuscino viaggiando tra onde medie e lunghe. Un “rapimento mistico e sensuale” che fino a 17 Re non avevo mai considerato come un possibile lavoro: ascoltavo musica e suonavo perché mi faceva stare bene e anche oggi è così.
Oltre ai Litfiba ed ai C.S.I. nei brani scelti c’è una bella rappresentanza di altri momenti del tuo percorso musicale: dai Marlene Kuntz ad A.C.A.U., dai Beau Geste a Vdb23 con Claudio Rocchi, senza dimenticare Botanica, Alone o le cose realizzate con Edda. Di solito ti si chiede sempre delle band più famose in cui hai militato, io invece ti chiedo: in quale tra le tante esperienze ti sei sentito più completo, umanamente e musicalmente?
Credo in Vdb23 con Claudio Rocchi. Mai accaduto nella vita che due persone così apparentemente lontane tra loro potessero diventare in modo così naturale un’unica cosa, un tutt’uno.
Una domanda secca: come nascono di solito le tue linee di basso e come si sono evolute nel tempo?
Non so se possano essersi evolute e come. Non ho mai considerato il basso come uno strumento, credo di viverlo più come una sorgente di suoni e note. Mi piace ricercare il giro giusto, aggiungere con il mio strumento ciò che manca ad una composizione che si tratti di melodie, canti, parti ritmiche e magari, come spesso accade, usando il basso in modo non ortodosso.
Spesso, con chi ti segue sui social, condividi pensieri e considerazioni su attualità e musica. Restando su quest’ultima, recentemente hai scritto qualcosa sull’ intelligenza artificiale e su eventuali sperimentazioni in quell’ambito. Come vedi la questione? C’è il pericolo di cadere in un’omologazione artistica peggiore a livello di mainstream e non solo o c’è speranza in qualcosa di buono grazie alle AI?
Ogni scoperta va studiata, sperimentata, compresa. Fino a quel momento ogni opinione credo sia condizionata dall’istinto di conservazione e dalla paura dei cambiamenti. Ogni mutazione in realtà porta con sé disastri epocali, ma al tempo stesso può essere un’opportunità di crescita per l’umanità. L’AI è un territorio da esplorare, uno dei tanti, e credo che come tale vada vissuto. Negli anni '80 passavo ore in studio a tagliare enormi nastri per fare editing, le pareti erano piene di pezzetti di nastro che dovevi trattare con cura nel caso il taglio fosse venuto male: per mixare una canzone a volte dovevamo stare in quattro o cinque persone su mixer lunghissimi. Ognuno si occupava di una sezione precisa e se, ad esempio, uno di noi avesse sbagliato ad alzare uno strumento o ad aprire un effetto, avremmo dovuto ricominciare da capo. Un missaggio poteva durare anche tre giorni. Poi arrivarono il digitale, i computer, le automazioni, innovazioni che hanno donato delle opportunità in più sia a livello creativo che tecnico: come sempre, sta a noi umani saperle utilizzare senza essere invece utilizzati.
Il sonatore di basso verrà presentato in un dialogo musica e parole assieme a Mur Rouge ed Andrea Salvi: cosa vedremo e ascolteremo nelle diverse date?
Saranno delle presentazioni narrate e suonate. Ogni appuntamento verrà creato in sinergia con chi ci ospiterà e quindi, inevitabilmente, ogni presentazione sarà diversa dalle altre. Non un format quindi, ma delle occasioni di incontro tutte da scoprire, da noi in primis.
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Info e crowdfunding
Immagine di copertina di Lionello Nardon
Foto di Antonia di Bella