Zu Cortar Todo
2015 - Ipecac / Self
Ma a parte le etichette, che suonano sempre restrittive quanto poco generose per questo trio di virtuosi dell’universo avant-metal, gli Zu resistono ineguagliati come migliore declinazione del millenarismo alt-rock che potessimo sperare di avere in Italia.
Dopo la defezione dello storico drummer Jacopo Battaglia dalla line-up del combo romano e l’ingresso di Gabe Serbian dei Locust, Massimo Pupillo e Luca T. Mai tornano con Cortar Todo, ultimo atto della trilogia sulla guerra inaugurata nel 2014 con l’Ep Goodnight Civilization e proseguita col monumentale The Left Hand Path, album realizzato insieme a Eugene S. Robinson degli Oxbow, sempre nello stesso anno.
C’è da dire, però, che proprio la nebulosa magmatica di The Left Hand Path ha suscitato un punto interrogativo sulle possibili derive musicali del trio, animando un’attesa discografica che in qualche modo smentisse la paludosità sonora del progetto e riportasse gli Zu al loro originario splendore grind.
E Cortar Todo ha in parte contraddetto il timore di un definitivo cambio di guardia musicale, anche se rispetto al capolavoro Carboniferous non si bissa il risultato, semmai solo l’intenzione. Probabilmente è l’originalità del Wall of Sound degli Zu che in questa prova viene meno rispetto alle soluzioni più ardite, alle architettura sovvertite e al groove schizoide del precedente disco del 2009.
Sarà che il free-jazz ha ceduto il posto a un andamento più controllato e per questo prevedibile, sarà che la componente elettronica sottrae il carattere abrasivo alla loro frenesia strumentale, ma pare che stavolta gli Zu abbiano voluto placare la loro energia destrutturante a favore di un risultato più misurato che in certi punti conserva l’eredità di The Left Hand Path (e un pezzo come Pantokrator sembra ribadirlo, come pure lo scarno minimalismo di Serpens Cauda, in cui dei furiosi Zu sembra non esserci nessuna traccia, né riconoscibilità).
Eppure, al netto del confronto con Carboniferous, Cortar Todo mantiene una sua specificità, se non altro perché segna un passaggio e un’evoluzione inaspettati. Se qualcuno ne è rimasto deluso avrà i suoi buoni motivi, ma gli Zu conservano le physique du rôle anche in questa ennesima prova di forza tecnicamente stravinta.
È vero, stavolta non sono stati stupefacenti, ma solo perché ci hanno abituati a cose fatte in grandissimo stile.