Watermelon Slim Church of The Blues
2019 - NorthernBlues Music
Di sicuro le sonorità vivaci e succose del suo blues possono ricordare colore e sapore di una gustosa anguria, ma le vicende che lo hanno portato fino a diventare quel personaggio che tanto si distingue fra il mucchio, non sono poi tanto gradevoli, come ricorda nel testo autobiografico di That Ole 1-4-5: “Ho avuto alcune benedizioni e molte lezioni di vita difficili”. William, difatti, rifiutando le origini di sangue blu, lascia la famiglia a Boston per arruolarsi, ma in Vietnam si becca una malattia infettiva. Costretto in un ospedale militare, impara a suonare con una chitarra vietnamita in legno di balsa, tenendola sdraiata ed, essendo mancino, in posizione invertita, usando uno Zippo come slide.
Le sue qualità sono notevoli, tornato a casa ottiene due lauree in storia e un Master in arte, ma la consacrazione come musicista arriva solo nel 2004 con Up Close and Personal, che gli regala il tiotolo di Best New Artist Debut. E da quando nel 2006 firma con la Northen Blues, etichetta che ancora oggi, fra tira e molla, gli ha prodotto l’ultimo lavoro, comincia la metamorfosi di Bill Homans, da lavoratore precario e musicista nei fine settimana, in Watermelon Slim, virtuoso e poliedrico artista di fama internazionale. Durante la sua carriera si muove su e giù fra territori country e blues, fra honky tonk, ballate, e traditional più vicini al gospel ma, sempre attento ai temi sociali, non manca mai di rivolgersi alle vittime del sogno americano. In Church Of The Blues la polemica continua e la preoccupazione riguarda la direzione intrapresa dall’attuale sistema politico, autoritario e decadente. Inquietudine espressa sia in Mni Wiconi.The Water Song, un soul sensuale increspato dalla chitarra arrabbiata di Joe Louis Walker, che in Post Modern Blues, un sudato swing in cui sbuffano le trombe quasi ad indicare l’educata protesta verso il potere stordente della tecnologia e il sospetto che sia opera di un piano governativo e, ancora, nello spavaldo southern Charlottesville dove si allude amaramente a presenze naziste per le strade.
Intanto la Chiesa del Blues, guidata da predicatori del calibro di Bob Margolin, Sherman Holmes, Albert Castiglia e al già citato Joe Louis Walker, è pronta ad accogliere ogni tipologia di peccatore, da chi, forse, non è pronto a pentirsi del tutto nonostante la litania di confessioni in St.Peter’s Ledger, che apre il disco e sulla quale Bob Margolin con la sua chitarra hanno parecchio da dire, a chi invece è vittima ancora di vecchi vizi come in Too Much Alchol (che pare essere la versione di Rory Gallager, anche se non indicata). Sette cover e sette pezzi originali, un blues rispolverato e reso attuale nella vivacità e nella forza, che non riesce a perdere di fascino grazie a quel solco personale che appartiene al suo interprete. Gli omaggi ai maestri delle 12 battute si rincorrono fra il sound della città del vento, con Gipsy Woman e il suo Muddy Waters, resa incredibile dalla chitarra raffinata di Margolin e l’armonica dirompente di Watermelon, e i sapori aspri sulla 61 Higway Blues di Mississippi Fred McDowell, dove uno slide unico e una voce consumata catapultano direttamente nelle profondità di un Sud caldo e afoso. Si procede sull’infuocato blues elettrico di Smokestack Lightning, nella versione di Howlin’ Wolf, senza dimenticare di rivolgere lo sguardo verso la Louisiana di Alain Touissant con Get Out Of My Life Woman, in uno splendido gioco a tre voci fra Sherman Holmes, John Nemeth e lo sdentato di Boston.
Church of The Blues, costruito assieme ai coraggiosi ritmi di Brian Wells alla batteria e di John Allouise al basso, rappresenta il tredicesimo album del carismatico bluesman, capace di rendere ogni episodio un fotogramma unico: un bianco che canta come un nero, una potente voce baritonale in contrasto con quella pronuncia sbilanciata, quasi paperinesca, dovuta alla mancanza dei denti superiori, ma così personale e tremendamente affascinante. Il giornalista musicale Meredith Ochs non avrebbe potuto descriverlo meglio: “Il blues è così crudo e ingannevolmente semplice. Non c'è nulla da nascondere, o lo hai capito o non lo fai " dice. "Slim ha tutto”.
Un personaggio che ha il blues inciso nella pelle, un chitarrista bottleneck infernale e un armonicista capace di piegare ogni nota del suo strumento. Watermelon Slim incarna le radici più profonde e più autentiche della musica americana e Church of The Blues non è altro che la messa perfetta, per chi del blues ne fa una religione.