Van Der Graaf Generator Trisector
2008 - EMI
Ora chissà cosa avranno pensato i fans (e non solo loro) alla notizia dell’uscita di David Jackson, che ha mollato la band causa ripetuti attriti con Peter Hammill. Un disco a tre dei VDGG verrebbe da immaginarlo come un corpo amputato di un’organo vitale, perché le contorsioni dei sax di Jackson erano complementari alle keyboards e al suono in generale del gruppo.
“Trisector” è difatti un album meno teso, meno contorto del precedente: il progetto non ha smarrito molto della sua identità e della sua qualità, anzi, ha sfoderato un lavoro comunque complesso ed omogeneo, che manca però di un vero apice.
Più spazio è stato dato all’organo di Hugh Banton e alle ballate, o almeno a pezzi che, per quelle che sono le caratteristiche di Hammill e soci, più si avvicinano alla forma ballata.
Non siamo certamente ai livelli degli storici dischi del passato, ma non siamo nemmeno di fronte ad un disco deludente: la scaletta è composta da buoni pezzi, che continuano a guardare avanti scrutando la psiche di un mondo presente sempre più impazzito (“All that we see illusory” sono le prime parole di “Interference patterns”).
Gli arrangiamenti lavorano più orizzontalmente offrendo comunque un terreno, tanto solido quanto sconnesso, su cui disquisire di comunicazione, economia, guerra, aldilà, insomma di tutto quanto riguardi l’uomo moderno. Hammill può così portare avanti la sua perizia sonora e concettuale sul mondo con il consueto metodo da scienziato specializzato in psichiatria del futuro.
A parte l’intro di “The Hurlyburly” ed un paio di episodi che pulsano più rock, il disco ha un andamento costante, esteso dai dodici minuti di “Over the hill”, una suite che farà contenti i fans del progressive con Hammill che guarda alla storia dell’umanità da un punto di non ritorno. Chiude lo iato di “We are not here”, giusto per ribadire la provvisorietà e l’incongruenza del nostro essere.
O forse anche per ricordarci che i Van Der Graaf Generator non sono una creatura di questo mondo e sono già scappati altrove. Nel tentativo di evolvere (o di sopravvivere) ancora una volta.