Ugo Mazzei Adieu Shangri-la
2012 - Musica&Teste / Interbeat / Egea Distribuzione
Siciliano di origine, Ugo esprime una bella sintesi tra sensibilità di autore e capacità di comunicare con le proprie canzoni; ascoltare la sua musica richiama capisaldi della tradizione nazionale, da De Gregori a De André ma anche Dalla e Vecchioni; in altri termini, impegno e senso del pop, contenuti ed accessibilità, tecnica ed idee. Il tutto sta in piedi grazie ad un raro senso del gusto e dell’equilibrio tra testi (forse la componente principale), senso della melodia (delicata ma non banale), armonie (leggermente aperte, a tratti sospese), interpretazione (forte della convinzione di quello che fa) ed influenze multiple (frutto evidente di ascolti ad ampio spettro).
Questo Adieu Shangri-la ha molti elementi di interesse, a partire dall’idea originale del doppio cd; il primo presenta 10 canzoni in versione “spoglia” da provino, il secondo le ripropone nell’aspetto finale, più “completo”, della produzione.
Il progetto trova un compimento felice grazie alla complementarietà dei due aspetti; il primo disco mette bene in evidenza la genesi dei brani, la loro essenza, la loro composizione frattale; cantati ed accompagnati col piano i brani potrebbero benissimo essere presentati come prodotti finiti e non come semilavorati, grazie alla pienezza interpretativa che già manifestano in questa fase.
Il disco finale presenta i pezzi arrangiati e prodotti ed un ascolto comparato con il primo consente un divertente paragone che rende esplicita tutta la filiera del lavoro artistico: un'ottima iniziativa anche dal punto di vista documentale che mette sullo stesso piano entrambi i momenti.
I testi hanno chiari richiami alla tematica ambientale; il disco ha il patrocinio di Legambiente ed in effetti numerosi sono i riferimenti a questioni al riguardo pertinenti. Non si tratta però di un’opera “di protesta”, ma di una manifestazione di idee e di sentimenti: Ugo resta un autore con una profonda inflessione personale, individuale. Se però nel lavoro precedente emergeva un senso di solitudine qui c’è una presa più vitale, più dinamica, forse una qualche fiducia che qualcosa possa essere capito per poi cambiare; le tinte chiare della speranza paiono prevalere su quelle scure del pessimismo (almeno così ci è sembrato).
Il disco ha il grande merito di non essere retorico, di evitare slogan e scontate condanne, a tratti si concede anche passaggi divertiti e divertenti soprattutto nelle versioni prodotte; le tensioni sono più ad appannaggio delle versioni in provino dove la scheletricità delle esecuzioni mette più in rilievo certi contenuti.
L’aspetto musicale presenta articolazioni interessanti: l’ascolto del cd dei provini evidenzia un approccio cantautorale in cui l’energia è dettata dall’enfasi della voce ed il piano tiene sostanzialmente l’armonia, con passaggi e sfumature delicate. Le versioni arrangiate attingono molto al rock, al pop ed al country colorando i pezzi con una verve molto fruibile .
In alcuni momenti i brani soffrono un po’ certi passaggi leggermente glam-rock, dettati principalmente dal fraseggio della chitarra, non sempre compatibili con lo spirito delle liriche; succede soprattutto in Fatemi respirare, brano di apertura che abbiamo preferito nella sua versione di prova.
L’effetto di cui sopra è però saltuario e numerose sono le sorprese che seguono.
L’eco di De André è evidente nella grande Sexy Road, in versione Americana con un testo in equilibrio tra nostalgia e serenità; stesso discorso per la più acustica Canzone per Chico, dedicata al difensore della foresta amazzonica con un senso poetico molto intenso(ascoltare l’enfasi del ritornello), e per Oh Susanna, ben lontana dai soliti caramellosi echi country e densa di ironia.
Il rock pop non banale è evidente in C’era, in cui il riff leggero ed il ritornello quasi lirico realizza un eccellente equilibrio con il testo, che tratta invece di un incidente navale con relativa catastrofe ambientale e personale dei protagonisti.
Armageddon è un episodio quasi commovente nella sua serenità; la vena ritmica e vocale ricorda Vecchioni, ma quello che spicca è la storia, quella di una coppia in un atollo tropicale vive con passione l’ultimo momento primo di un esperimento nucleare, il tutto cantato con una leggerezza che diventa uno schiaffo alla violenza sottintesa.
Stracci inutili è a cavallo tra Bennato, alcuni riff/ritmi alla Battisti ed una chitarra alla Santana: forse è il pezzo killer da un punto di vista strettamente “discografico”.
Crediamo che il merito principale di questo lavoro sia l’impegno profuso senza retorica, la capacità di aver messo contenuti, immagini e sensazioni senza cadere nel solito cliché del cantautore dimesso e frustrato. Chi preferisce l’austerità interpretativa, può dedicarsi al primo cd; chi gradisce l’accessibilità preferirà il secondo: in ogni caso ci troverà un Ugo Mazzei al quale ci sentiamo davvero di rivolgere un caldo e convinto “Bene, bravo, bis…”.
Consigliato, con convinzione e senza mezzi termini.