Sara Jane Ceccarelli Colors
2016 - iCompany
Il lavoro intreccia tenui trame elettroniche con puntinature rock e folk, e con una gestione della voce che mostra gli effetti del suo incontro con il Maestro Bruno De Franceschi e i frutti dello studio di approcci vocali provenienti da tutto il mondo: non solo jazz ma anche il tango ad esempio (Tango para decirte adios, che ha un qualcosa di struggente della Cucurrucucú paloma cantata da Caetano Veloso in Parla con Lei di Pedro Almodovar).
Da Colors sono fino stati estratti due singoli. Il primo è Rescue Yourself, un po’ mantra nel cantato, con un’impronta più elettronica e ballabile nonostante la presenza delle chitarre elettriche. Il secondo, Nothing really ends before we die, il cui Il testo è stato composto con la pianista e compositrice danese Anne Geertsen, è su questa falsariga, sebbene con intarsi chitarristici più marcati, soprattutto nel finale, ed una vocalità di maggior respiro in alcuni episodi.
L’impressione però è che con questi singoli Sarah abbia nascosto le frecce migliori della sua faretra. I brani lanciati come singolo, per quanto curati ed elaborati, rischiano di farla disperdere nell’oceano delle voci da lounge o da dancefloor.
Provate infatti a sentire Winter Lady, tributo a Leonard Cohen cantato con Andrea Satta dei Têtes de Bois. I brividi non vengono solo per le folate di vento che si sentono. I brividi vengono perché la voce di Sara disegna fiocchi di neve e poesia, a cui poi si aggiunge la composta rassegnazione del cantato di Satta (“perché stai ferma sulla porta se hai già scelto di andare?”). Per non parlare della conclusiva Il buco nel cuore, dove una voce singola si fa coro, e poi rierge cristallina sui ricordi di regali lontani ed amati. Con questo brano Sara omaggia Bruno De Franceschi, che su una poesia del poeta milanese Porta ha tessuto una melodia dolce e tenera.
Quindi ora sta alla cantante scegliere che strada seguire, anche se una sarebbe un immenso spreco di talento.