Ryley Walker Course In Fable
2021 - Husky Pants Records / Goodfellas
#Ryley Walker#Americana#Folk #Ryley Walker #Bill MacKay #Ryan Jewell #Andrew Scott Young #John McEntire #Douglas Jenkins #Chicago #brit folk #prog rock
Ryley Walker è un'adorabile complicatore di cose semplici. Potrebbe campare di rendita della sua voce calda e suadente, delle sue melodie folk appena spolverate di psichedelia, del suo raffinato stile alla chitarra. E invece il ragazzo dell'Illinois persegue con ostinazione un progetto di suono originale, costruito proprio sulla lenta ma costante decostruzione dei suoi esordi come presunto “nuovo eroe folk”. In questo percorso Course In Fable, quinto lavoro dopo una pausa piuttosto prolungata, rappresenta una scelta di campo ancor più radicale rispetto al buon equilibrio di alcuni suoi notevoli e apprezzati predecessori come Primrose Green (2015) o Golden Sings That Have Been Sung (2016). Allontanato lo spettro della depressione, ripulitosi in clinica dall'abuso di alcol e droghe, Walker torna con un disco che ha il sapore di una rinascita creativa, lanciato sempre più a briglia sciolta sulla ali del prog-rock, quando non addirittura della fusion.
Prodotti con l'aiuto del sodale e conterraneo John McEntire , già leader dei Tortoise, i sette brani seguono un canovaccio abbastanza fisso, che tenta una sorta di fusione a freddo tra il cuore folk della melodia, con i consueti poetici arpeggi chitarristici, e il contorno progressive o post-rock - scegliete voi l'etichetta preferita - che le sta attorno. Fin dall'iniziale Striking Down Your Big Premier la scommessa è trovare la giusta connessione e il giusto grado di fluidità tra queste due facce, in un'operazione che non non sempre dà i risultati sperati, lasciando anzi qualche volta l'impressione che si tratti di una semplice giustapposizione. Senza troppi preamboli, l'attacco ci travolge con una sequenza che prevede un riff alla Who, lo stacchetto che profuma di fusion e l'assolo prog-rock, secondo uno schema che ritroveremo spesso e che prevede variegate ouverture strumentali. Avvalendosi della notevole flessibilità della sezione ritmica, la lunga peregrinazione della chitarra in Lenticular Slap si srotola su tempi variabili, prima di gettarsi nelle braccia della melodia che ci riporta a bucoliche atmosfere da folk inglese, sostenute da accordi jazz. L'atmosfera è inquieta, irrisolta, e lo rimane fino alla fine: Walker lavora per accumulo e per contrasto, ma non sembra trovare la giusta quadratura. Course in Fable mostra più nerbo e linearità, attaccandosi a un riff più riconoscibile e a una melodia più canonica, ma anche qui si approda a un assolo molto “caricato” in stile fusion e a una strana deflagrazione rumoristica. Pur nei limiti dell'estensione della voce di Walker, abbastanza evidenti, un netto cambio di passo caratterizza la successiva Clad With Bunk, che sembra godersi il suo pacifico dondolarsi fino alla fiammata elettronica che la trasforma in una cosa completamente diversa, quasi una “parte seconda”.
In una temperie musicale dove la memoria delle copertine si disperde in un lampo, la cover art scelta da Walker è invece una precisa dichiarazione d'intenti da non sottovalutare. Nel suo intreccio tra campiture di colore di tonalità e densità diverse, il dipinto astratto dell'artista americana Jenny Nelson richiama il modus operandi del disco, che sembra alla ricerca di una sintesi tra materiali diversi, magari sacrificando un po' il calore e privilegiando un approccio più freddo e cerebrale. In qualche episodio l'operazione riesce. Tenendo da parte due episodi più “classici” del nostro – la dolcissima Shiva With Dustpan e Rang Dizzy, con l'ottimo uso degli archi, a sostegno e a contrasto, e uno strambo ponte folk-jazz – i sette minuti di Pond Scum Ocean sono forse la cosa più affascinante di Course In Fable, quella in cui leggiamo il probabile Walker del futuro. Tre minuti abbondanti di duello psichedelico fra le chitarre, su una base ritmica fissa, ci conducono allo sbocciare delle melodia, come in un magico svelamento al termine di un arcano percorso. Introduzione, strofe, esaltante cambio di passo, ritornello azzeccato, assolo: qui tutto sembra incastrarsi alla perfezione.
Liberatosi dei demoni interiori, che non hanno intaccato la sua curiosità ed intelligenza, Walker si conferma uno dei talenti più interessanti della sua generazione. Abbeveratosi alle mille fonti musicali della sua Chicago, è ripartito con slancio verso il suo ambizioso progetto di sound “allargato” e multistrato (indie rock, folk, brit folk, jazz, fusion) per portarlo a uno stadio successivo. In questo percorso, sicuramente ricco di fascino, Course In Fable non è un punto d'arrivo ma un'interessante, seppur contrastata, tappa di passaggio.