Rokia Traorè Bowmboi
2004 - Label Bleu / Nonesuch
Invece “Bowmboi” è un lavoro più moderno, che è uscito agli inizi del 2004, ma che non ha ricevuto particolari attenzioni dalle nostre parti. Già la partecipazione del Kronos Quartet in un paio di tracce è un indizio dello spirito aperto che anima la musica della giovane Rokia (28 anni e tre dischi).
Lei la chiama giustamente “Malian contemporary music” e la sta portando in giro un po’ in tutto il mondo occidentale, per sfatare il preconcetto in uso nei confronti della musica africana, troppo spesso e troppo facilmente liquidata come world, etnica o afro: a luglio è passata anche nel nostro paese per un’inedita data con i Tetes De Bois.
Intanto, in attesa di un dvd che dovrebbe uscire presto, continuiamo a scoprire il talento di questa ragazza, che, va detto, ha profondo rispetto della tradizione della sua terra e vi attinge per ogni suo brano come da un fertile suolo.
La sua non è una formula conservatrice, come recitano le parole di “Kote Don”: “Io ho rispetto per i miei antenati / ma la tradizione non è infallibile / non è un assoluto / il tempo passa e tutti cambiamo / niente rimane uguale”. Non c’è da stupirisi che alcuni dei pezzi di “Bowmboi” ricordino vagamente l’approccio di Bjork: l’uso della voce e il lavoro sui ritmi sono alquanto evoluti, anche se, a differenza della islandese, non vengono mai usati programming, beat, effetti o alcunchè di elettronico.
In tutto il disco si respira infatti un profondo afflato naturale, grazie soprattutto a strumenti come n’goni, balafon e alle numerose percussioni. Rokia poi canta dell’infanzia, dei legami umani, di un amore ancestrale che si rinnova, canta i valori della sua terra e della sua gente, e lo fa guardando sempre avanti.
Alcune tracce sfiorano la muscia d’avanguardia: “Sara” ha un inizio che ricorda “Talkin’ Timbuctu”, ma poi si evolve in progressioni ritmiche che travalicano l’Africa. Allo stesso modo “Deli” suona come un balletto di musica classica moderna, con un’aria che spira verso il Nordeuropa grazie all’apporto del Kronos Quartet.
Il canto e i ritmi delle canzoni partono da uno spirito indigeno, profondamente africano, del Mali, per innalzarsi verso territori ideali che non hanno confini o appartenenze.
La voce di Rokia è quella di un’artista colta e aperta, ma prima di tutto cosciente delle proprie origini e della propria cultura: basta ascoltare la profondità con cui interpreta “Kele Mandi”, in una versione quasi a cappella, per capire che in lei non vivono le forme rigide della tradizione, ma piuttosto le evoluzioni del suo stesso spirito.