Popa Chubby Big Bad And Beautiful Live (2 CD)
2015 - Dixie Frog Records / IRD
#Popa Chubby #Dave Keyes #Francesco Beccaro #Andrea Beccaro #Theodore Joseph Horowitz
Popa Chubby and Friends Play Muddy, Willie and More o il rumoreggiante live One Night Live In New York City.
Theodore Joseph Horowitz, alias Popa Chubby, nato a New York il 31 marzo 1960 è un eccellente chitarrista, cresciuto masticando il blues di Willie Dixon, Johnny Winter e Jimi Hendrix e tutto il chitarrismo rock degli anni settanta. Propugnatore di un sound aggressivo e rabbioso, sporco di rock’n’roll e intinto in quel blues denso come catrame; ogni suo concerto è sudore ed eccitamento, sia che proponga pezzi propri o cover sanguigne non manca mai di infiammare e infervorare gli astanti. Non so voi, ma io ogni tanto (dopo una serie di dischi eruditi e più tranquilli) sento il bisogno di metter nel lettore un bel cd che faccia tremare i muri (con buona pace del vicinato) e mi sbatacchi aizzando ormoni energici con un’eruzione di elettricità lavica e questo disco sopraggiunge a proposito. Per Popa Chubby la dimensione live è certamente la situazione perfetta per esprimere la propria musica e il proprio chitarrismo, Big Bad And Beautiful Live è il definitivo album dal vivo di Chubby, registrato lo scorso anno in Francia con la sua band, un solido quartetto composto, oltre che da lui, da Dave Keyes (Keyboard), Francesco Beccaro (bass) e Andrea Beccaro (drums). Dentro ci sono i suoi classici, ovviamente brani tratti dall’allora nuovo I’m Feeling Lucky con cui celebrava i 25 anni di carriera e una manciata di appetitose cover: ventisette tracks per ben due ore e trentasette minuti di musica ad alta gradazione.
Già dall’ouverture di Working Class Blues siamo fustigati da infuocate e sugose staffilate di chitarra con il piano che puntualizza giri boogie; pescando un po’ a caso tra la scaletta di questo doppio cd menzioniamo songs al fulmicotone come Noise Making Love Machine e Palace Of The King; il fluorescente surf acido e accelerato del Chubfatha Medley [che unifica Speak Softy Love (“il padrino” di Nino Rota) con Miserlou (Dick Dale)]; i boogie di I Don’t Want Nobody e di One Leg At a Time; la catramosa vitalità di Angel On My Shoulter; i sette efficaci minuti di 69 Dollars che mi rammenta episodi alla Bloomfield and Kooper.
Non mancano blues ballads come Same old Blues (Don Nix), People’s Blues (nove minuti di ortodossia blues) e la bella Rock On Blues Man; il tributo ai Rolling Stones con la tonica Brown Sugar, una squisita Wild Horses e un’entusiasmante Love In Vain e, in chiusura, una seducente cover strumentale di Somewhere Over The Rainbow di dieci minuti, splendida esecuzione di un brano che ormai è un classico interpretato anche da Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Chet Baker, Eva Cassidy, Nick Cave, Tom Waits, Eric Clapton, Willie Nelson e cento altri. Ottimo disco, irreprensibile e schiettamente senza filtri, suonato come dio comanda e indiscutibilmente succulento.
Esprimere una definizione di Popa Chubby è un’impresa problematica, soprattutto non richiare di cadere nelle ovvietà oppure nel già detto. La sua discografia è ben nutrita e conta più di una ventina di titoli, alcuni assolutamente buoni e valevoli, altri decisamente traghettatori di un rock-blues di grana grossa, fragoroso ma abbastanza pleonastico e infruttifero. Una produzione quindi a corrente alternata, ma tutto sommato onesta. Booty And The Beast è senz’altro un album indispensabile, quello che a metà degli anni ’90 lo ha scagliato sulla scena cosmopolita, ben suonato e ben arrangiato, potente blues & rock ricco di ritmi sincopati di scuola newyorkese. Tra le sue altre produzioni citiamo: Back To New York City; Universal Blues Breakdown; il corposo omaggio-tributo a Hendrix: Electric Chubbyland; Peace, Love and Respect; Theodore Joseph Horowitz, alias Popa Chubby, nato a New York il 31 marzo 1960 è un eccellente chitarrista, cresciuto masticando il blues di Willie Dixon, Johnny Winter e Jimi Hendrix e tutto il chitarrismo rock degli anni settanta. Propugnatore di un sound aggressivo e rabbioso, sporco di rock’n’roll e intinto in quel blues denso come catrame; ogni suo concerto è sudore ed eccitamento, sia che proponga pezzi propri o cover sanguigne non manca mai di infiammare e infervorare gli astanti. Non so voi, ma io ogni tanto (dopo una serie di dischi eruditi e più tranquilli) sento il bisogno di metter nel lettore un bel cd che faccia tremare i muri (con buona pace del vicinato) e mi sbatacchi aizzando ormoni energici con un’eruzione di elettricità lavica e questo disco sopraggiunge a proposito. Per Popa Chubby la dimensione live è certamente la situazione perfetta per esprimere la propria musica e il proprio chitarrismo, Big Bad And Beautiful Live è il definitivo album dal vivo di Chubby, registrato lo scorso anno in Francia con la sua band, un solido quartetto composto, oltre che da lui, da Dave Keyes (Keyboard), Francesco Beccaro (bass) e Andrea Beccaro (drums). Dentro ci sono i suoi classici, ovviamente brani tratti dall’allora nuovo I’m Feeling Lucky con cui celebrava i 25 anni di carriera e una manciata di appetitose cover: ventisette tracks per ben due ore e trentasette minuti di musica ad alta gradazione.
Già dall’ouverture di Working Class Blues siamo fustigati da infuocate e sugose staffilate di chitarra con il piano che puntualizza giri boogie; pescando un po’ a caso tra la scaletta di questo doppio cd menzioniamo songs al fulmicotone come Noise Making Love Machine e Palace Of The King; il fluorescente surf acido e accelerato del Chubfatha Medley [che unifica Speak Softy Love (“il padrino” di Nino Rota) con Miserlou (Dick Dale)]; i boogie di I Don’t Want Nobody e di One Leg At a Time; la catramosa vitalità di Angel On My Shoulter; i sette efficaci minuti di 69 Dollars che mi rammenta episodi alla Bloomfield and Kooper.
Non mancano blues ballads come Same old Blues (Don Nix), People’s Blues (nove minuti di ortodossia blues) e la bella Rock On Blues Man; il tributo ai Rolling Stones con la tonica Brown Sugar, una squisita Wild Horses e un’entusiasmante Love In Vain e, in chiusura, una seducente cover strumentale di Somewhere Over The Rainbow di dieci minuti, splendida esecuzione di un brano che ormai è un classico interpretato anche da Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Chet Baker, Eva Cassidy, Nick Cave, Tom Waits, Eric Clapton, Willie Nelson e cento altri. Ottimo disco, irreprensibile e schiettamente senza filtri, suonato come dio comanda e indiscutibilmente succulento.