A 91 anni, banjo e chitarra 12 corde in spalla, Pete Seeger, il grande vecchio della musica folk americana, incontra, assieme ad alcuni amici, un coro di ragazzi. Questi preadolescenti sono il frutto del lavoro fatto da Terry Udell, educatore nella città natale di Pete: Beacon (NY) sul fiume Hudson. Con l’aiuto del cantante/educatore Dan Einberder in questi anni i ragazzi di Beacon hanno sviluppato un percorso fatto di scoperta della natura e delle origini della musica e della società americana, e, soprattutto, del loro fiume e del loro territorio. Dal 2008 ad oggi i Rivertown Kids hanno avuto la possibilità di lavorare con grandi nomi della american music quali Odetta, Richie Havens e Jeff Tweedy dei Wilco. Alternando la propria voce con quella dei ragazzi, usandoli come solisti o dialogando con loro, Seeger fa una vera e propria storia della cultura americana aiutato anche da amici quali Bob Killian in ´There Come A Day´, Sarah Underhill che duetta in ´River´ e Dar Williams in ´Solartropia´. E poi il canto dei Nativi Americani della nazione Lakota, nell’emozionante ´Mastinchele Wachipi Olewan´ con la grande voce di Mousaa, la canzone popolare in spagnolo ´De Colores´ e l’inno sulla morte di Martin Luther King. ´It’s A Long Haul´ è un canto di origine Afro Americana tratto dall’archivio di Alan Lomax e si avvale dell’aiuto di Travis Jeffrrey. Il brano successivo è il tradizionale ´We Shall Not Be Moved´ cantato con la giusta energia dai ragazzini prima di ´Turn Turn Turn´ l’indimenticabile brano di Seeger sul testo biblico tratto dall’ecclesiale (Qoelet) e portato al successo dai Byrds nel 1965. Pete la introduce raccontandone la storia e ´lanciando´ nuovi versi per i suoi ´giovani amici´. In questo brano, così come nella successiva, storica, ´Tomorrow’s Children´ (1964), la stanchezza della voce di Seeger emerge in maniera toccante e impietosa, ed è con la conclusiva ´Quite Early Mornig´ che ci si riconcilia con i ritmi naturali della vita e ci ritroviamo ad amare questo disco che è la cosa più lontana dalla mostruosità dei superbambini della Clerici o di Scotti. E se a volte il tutto è un po’ naif o didattico ecco, non prendiamo la cosa come difetto! La volontà di essere seme culturale nel proprio contesto naturale e abitativo, e di farlo a 91 anni con una passione ancora contagiosa per le giovani generazioni, non ha prezzo!