Paul Thorn Too Blessed To Be Stressed
2014 - Blue Rose Records / IRD
La sua formula musicale non è un segreto e non brilla certo per originalità ma funziona alla perfezione, partendo dal gospel – che si sente nella voce, nello stile, nella scrittura – per distillare un intruglio sudista di blues, rhythm and blues, country e soul, più o meno scuro e speziato. Thorn la racconta così: “White people sang gospel like it was country music, and the black people sang it like it was rhythm & blues". Lui prova a stare nel mezzo, e rispetto alle prove precedenti qui prevalgono i suoni puliti, i ritornelli orecchiabili e ritmati (“inni” li chiama Thorn, e siamo di nuovo in chiesa...), il suono compatto e una maggiore attenzione alle canzoni. A sostenere il predicatore ci sono i fidi “chierichetti” Bill Maddox, nelle vesti di produttore e co-autore, il chitarrista Bill Hinds e il tastierista Michael Graham.
L'uno-due che apre il disco è una combinazione da pugile esperto (Thorn è salito anche sul ring...), forse prevedibile ma alla lunga efficacissima: dal diretto al volto di Everything's Gonna Be Alright, “anthemico” e tonante come la batteria che lo sostiene, al gancio della title-track, con tantissimo funky e i coretti black a rifinire. Tutto si appoggia sulla sua voce robusta, sicura, pulita, capace di risollevare sempre il tiro del disco, senza cedimenti lungo gli 11 brani.
Ma svanita l'euforia da redenzione, tipica di una Sunday morning dopo il Saturday night di peccato e perdizione, meritano maggiore attenzione le ballate e i pezzi più “scritti”. Con I Backslide On Friday, dedicata alla raffinatissima arte del rinvio dei buoni e virtuosi propositi, siamo tra pop e country: una canzoncina piacevole che lascia il segno. Più serrata e impegnativa, Don't Let Nobody Rob You Of Your Joy ha un sapore folk ma, in fondo, un'anima bluesy, e arricchisce il breviario di buoni consigli di padre Paul... Poi Old Stray Dog And Jesus, che fa presagire un ruvido southern blues e invece si trasforma intelligentemente in un familiare honky-tonk, magari suonato con il coloratissimo pianoforte in copertina. Last but not least, No Place I'd Rather Be sembra una bonus track d'eccellenza, la tipica escursione fuori dal seminato che rivela l'autore vero: sussurata, intima, domestica, assomiglia poco – anche vocalmente – a tutto il resto. La languida slide che fa da controcanto a Thorn ci riporta tutti a casa dopo il sermone: a domenica prossima!