Made in dakar<small></small>
• Word Music

Orchestra Baobab Made in dakar

2007 - World Circuit

10/01/2008 di Christian Verzeletti

#Orchestra Baobab #Word Music

Sono passati più di cinque anni dal ritorno in grande stile, anzi in “tutti gli stili”, dell’Orchestra Baobab, compiutosi appunto con “Specialist in all styles” (2002). Un lasso di tempo sufficiente a pensare che l’ensemble senegalese faticasse, magari per motivi d’età, nel trovare la linfa necessaria a dare un seguito e una continuità alla propria musica.
Stupisce positivamente quindi questo “Made in Dakar”, perché ci offre un’Orchestra rinvigorita, pronta a mettersi in gioco anche con composizioni nuove e con sfumature inedite.
L’effetto sorpresa è ovviamente diminuito, ma non di molto: meno cubano del precedente, non solo per l’assenza del compianto Ibrahim Ferrer, questo album suona più senegalese. Barthelemy Attisso, vero “chef d’orchestre”, ha scelto di lavorare sulla radici del progetto rinfrescandone il suono tradizionale attraverso un uso maggiore dei sabar, tamburi che scandiscono la ritmica tipica del mbalax, ovvero la musica più in voga dalle parti del Senegal.
Rimane la caratteristica vivacità di colori in linea con il melting pot di Dakar che l’Orchestra ci fa qua immaginare come una New Orleans africana. Generi (rumba, salsa, pop, calypso, reggae) e lingue (wolof, malinke, francese, portoghese creolo) si incrociano sui giochi vocali (sei cantanti) e strumentali (soprattutto percussioni, chitarre e fiati).
Si distinguono “Nijaay”, con la presenza di Youssou N’Dour che le sue cose migliori continua a farle con questo storico gruppo, e “Ami Kita Bay”, uno spaccato di cosa si suona e si balla oggi in Senegal.
Se ci si fa prendere dalla vivacità della musica, ogni pezzo poi diventa una chicca: “Cabral” per le voci cubane, “Sibam” per gli stacchi dei fiati con le percussioni, “Ndeleng Ndelneg” per la chitarra asciutta in pieno stile griot. “Beni Baraale” è invece un omaggio alla Guinean Orchestra Bembeya Jazz, mentre “Aline” e “Jirim” sono due esempi di come questi musicisti siano capaci di riportare in voga un suono old style che aggiorna quanto (da loro) fatto nei club anni ’50 e ’60.
Chiude il reggae strumentale di “Colette”, che fa il verso a Jimmy Smith e al Santana di tanto tempo fa offrendo ad ogni singolo membro lo spazio per un meritato numero di presentazione.
Troppo corale e troppo poco americana per avere il successo del Buena Vista Social Club, l’Orchestra Baobab si aggiudica il titolo di miglior progetto panafricano in circolazione. E soprattutto dà prova di una vitalità che potrebbe farne proseguire ancora a lungo la storia.

Track List

  • Papa Ndiaye|
  • Nijaay|
  • Beni Baraale|
  • Ami Kita Bay|
  • Cabral|
  • Sibam|
  • Aline|
  • Ndeleng Ndelneg|
  • Jirim|
  • Bikowa|
  • Colette

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