Splendore terrore<small></small>
• Italiana, Cantautore

Moltheni Splendore terrore

2005 - La tempesta/Venus

09/01/2005 di Andrea Salvi

#Moltheni #Italiana #Cantautore

Non smetteremo mai di dirlo e scriverlo: la sincerità paga. La franchezza e l’intuizione di esprimere, descrivere e quindi condividere il nostro sentire, le nostre emozioni, è alla base di qualunque forma d’espressione e quindi d’arte. Il piccolo mondo della canzone non può sottrarsi a queste prerogative, indirizzando le proprie energie, almeno per quanto riguarda il sovrappopolato ambito delle produzioni italiane, verso obiettivi probabilmente anticonvenzionali, sicuramente appaganti sia per gli artisti che per gli ascoltatori. Poi può venire il resto: critiche o ironie, insulti o apprezzamenti, ammirazione o rifiuto, ma questo è già il labile terreno dell’interpretazione, soggettiva quanto vogliamo.
Moltheni, cantautore bolognese d’adozione con alle spalle due album di rock stralunato ed eccentrico che non avevano mancato di dividere pubblico e critica, ritorna con un lavoro che ha faticato non poco a trovare una propria collocazione nel mercato discografico. Il giusto merito di aver creduto a questo progetto va all’etichetta La Tempesta dei Tre Allegri Ragazzi Morti, che peraltro ci ha regalato uno dei dischi più validi dell’anno appena passato, quello di Giorgio Canali & Rossofuoco, riconfermando quanto il mercato delle major sia oggi più che mai lontanissimo dal reale mondo della produzione musicale del nostro paese, sia per standard qualitativi che per mera scelta di genere.
“Splendore terrore” è fin dal titolo un lavoro che non accetta compromessi, un sussulto illuminante quanto dirompente, specchio fedele di un percorso di riflessione artistica a tutto tondo che Moltheni deve avere attraversato con una buona dose di libertà, tanto da conquistare la giusta consapevolezza nei propri mezzi.
Quello che fin dalle prime dilatate note si rivela è un disco costruito su un equilibrio nuovo tra suono e parola, che vede dosare testi minimali e dalla struttura libera, versi all’occorrenza ripetuti in più frangenti senza imbarazzi e con l’urgenza di comunicare sensazioni più che di raccontare storie.
Canzoni-non canzoni, fuse tra loro su arrangiamenti di un’accuratezza disarmante dove la tracklist non è che il pretesto per dividere in undici istantanee quell’attimo magico in cui la voce si trova a narrare sé stessa con la sincerità (rieccola) e la fermezza di un dialogo interiore che sa trova una dimensione sospesa in un mantra dettato dalle sole note di un organo wurlitzer e di una chitarra solitaria.
Un disco solitario e perfetto come non ne ascoltavamo da tempo, che siamo consci non conceda alternative all’ascoltatore: atmosfere oppressive, strazianti eppur dolcissime si accettano o si rifiutano. Non ci sono vie di scampo possibili, la musica per il Moltheni di oggi rappresenta un amore troppo forte, comprensibile fino in fondo solamente con una buona dose di sofferenza e intensità. Per questo possiamo dire di aver trovato se non un nuovo cantautore, almeno un cantautore rinnovato, che auguriamo di cuore riesca a far parlare di sé almeno nella misura in cui ha saputo scuotere i nostri ascolti di inizio anno. Con la sola arma della sincerità.

Track List

  • Gli occhi di Mara Cagol|Splendore terrore|Bue|Nel potere del legno|In porpora|La ragazza dai denti stretti (humana)|Limite e perfezione|Tutta la bellezza dell´istinto materno degli animali|Fiori di carne|Tatàna|Suprema

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