Marta De Lluvia La festa che non c`era
2023 - Autoprodotto
qui, Marta Natalini, alias Marta De Lluvia, torna con La festa che non c'era, disco nel quale la poetessa e musicista recanatese si è affiancata, per la produzione artistica a Edoardo Petretti, con Federico Ferrandina agli arrangiamenti e alla direzione degli archi.
"La scrittura de “La festa che non c’era” – racconta l’artista – è stata finalizzata nel periodo della pandemia, che è coinciso con la mia gravidanza...Le 12 tracce sono fortemente autobiografiche. Tuttavia, le esperienze e gli stati d’animo vengono condivisi con la speranza di incontrare ed abbracciare quelle di altri. Nel disco ci sono sentimenti forti: la nostalgia, la passione, la rabbia, il rimpianto, la tristezza, la felicità assoluta, la gratitudine più profonda."
Che la cantautrice voglia percorrrere una strada autonoma, sganciata dalle logiche commerciali, è evidente fin dal primo brano, Domestica Duna, o nella title track, in cui le tessiture pianistiche di Edoardo Petretti si intrecciano con la sua acustica e con una voce che ricorda quella di Fiorella Mannoia, per intensità e classica adesione alla bellezza. "Gli arrangiamenti - precisa infatti la musicista - sono fondamentalmente acustici, con un tocco di elettronica e alcune chitarre elettriche. Abbiamo privilegiato ritmiche ricercate e tuttavia sempre al servizio della canzone, della parola, del messaggio."
E il messaggio è evidente in ogni canzone, tesa a comporre "un disco che vuole raccontare e legittimare l’esperienza della vulnerabilità", ponendo come obiettivo la propria interiorità e condividendola con l'ascoltatore, che vi può trovare sfumature profonde, sia nel testo, sia nelle evocazioni sonore, che provengano dall'intimità di C'è di più, autentica canzone d'amore, o nella dolente riflessione di Un centimetro al mese, dal crescendo emotivo ed emozionante.
Che la cantautrice possieda un'anima vibratile e sensibile, emerge da parole accuratamente semplici, ma interpretate con una struttura armonica complessa, come In amore, storia di una caduta nel sentimento più antico e vertiginoso mai esistito, sostenuta dal violoncello di Angelo Maria Santisi e da un pianoforte vagamente contiano. E Miele è l'ultimo regalo di un disco dolce, come il miele, chitarra e voce, "dolcezza pura e totale". Un disco invernale, da ascoltare con raccoglimento e partecipazione.
Dopo Grano (Orange Home Records, in cinquina alle Targhe Tenco 2019 come Miglior Opera Prima), di cui abbiamo scritto "La scrittura de “La festa che non c’era” – racconta l’artista – è stata finalizzata nel periodo della pandemia, che è coinciso con la mia gravidanza...Le 12 tracce sono fortemente autobiografiche. Tuttavia, le esperienze e gli stati d’animo vengono condivisi con la speranza di incontrare ed abbracciare quelle di altri. Nel disco ci sono sentimenti forti: la nostalgia, la passione, la rabbia, il rimpianto, la tristezza, la felicità assoluta, la gratitudine più profonda."
Che la cantautrice voglia percorrrere una strada autonoma, sganciata dalle logiche commerciali, è evidente fin dal primo brano, Domestica Duna, o nella title track, in cui le tessiture pianistiche di Edoardo Petretti si intrecciano con la sua acustica e con una voce che ricorda quella di Fiorella Mannoia, per intensità e classica adesione alla bellezza. "Gli arrangiamenti - precisa infatti la musicista - sono fondamentalmente acustici, con un tocco di elettronica e alcune chitarre elettriche. Abbiamo privilegiato ritmiche ricercate e tuttavia sempre al servizio della canzone, della parola, del messaggio."
E il messaggio è evidente in ogni canzone, tesa a comporre "un disco che vuole raccontare e legittimare l’esperienza della vulnerabilità", ponendo come obiettivo la propria interiorità e condividendola con l'ascoltatore, che vi può trovare sfumature profonde, sia nel testo, sia nelle evocazioni sonore, che provengano dall'intimità di C'è di più, autentica canzone d'amore, o nella dolente riflessione di Un centimetro al mese, dal crescendo emotivo ed emozionante.
Che la cantautrice possieda un'anima vibratile e sensibile, emerge da parole accuratamente semplici, ma interpretate con una struttura armonica complessa, come In amore, storia di una caduta nel sentimento più antico e vertiginoso mai esistito, sostenuta dal violoncello di Angelo Maria Santisi e da un pianoforte vagamente contiano. E Miele è l'ultimo regalo di un disco dolce, come il miele, chitarra e voce, "dolcezza pura e totale". Un disco invernale, da ascoltare con raccoglimento e partecipazione.