Maria Devigili Motori e introspezioni
2012 - Autoprodotto/Audioglobe
#Maria Devigili#Emergenti#Songwriting #Folk #Minimal #Soul #Pop
Insieme al batterista Stefano Orzes, altro produttore del disco, la cantautrice intesse trame essenziali, supportate da chitarra elettrica e percussioni, con un uso molto particolare del djembé e con giri di chitarra che evocano atmosfere dei primi C.S.I, mentre la voce cerca una cifra personale per emanciparsi dall’ispirazione di una Cristina Donà o di una Angela Baraldi, per restare in Italia, oppure di una P.J.Harvey, spaziando altrove.
I testi sono intonati alla scarnificazione delle trame sonore, e la parola emerge in tutta la sua forza anche ipnotica, rivelando un sostrato di impegno sociale (“la comunicazione sarà senz’altro veloce, morbosa, efficiente/ ma non dice niente…”, D.N.A. (De nostrae aetatis) e di riflessioni esistenziali ( “la Solitudine è una questione d’immaginazione”, Solitudine).
La rilettura di Aria Di Rivoluzione di Battiato è sorprendentemente blues, e dal blues proviene indubbiamente l’ispirazione più autentica della Devigili, convincente quando riesce a coniugare la cifra intimistica con l’urgenza della denuncia (come in Kadhy Blues, toccante omaggio ad una prostituta uccisa fra l’indifferenza generale, o in Il Paese, dal riff ipnotico e dal testo ironico ed amaro).
Il disco si conclude con un manifesto in un francese insolito, sgrammaticato e vibrante, Etre vivant: la ricerca di Dio, l’esistenza come una permanenza da stranieri, l’incomprensibilità del futuro, e insieme la dignità dell’essere vivente, affidate a una ballata d’altri tempi, con una voce corrosa dal tempo, affascinante come le cose senza tempo.