Maldestro Mia madre odia tutti gli uomini
2018 - Arealive / distr. Warner Music
Maldestro e Antonio Prestieri coincidono, si scambiano le parole e si fondono in una voce graffiante che sembra uscire direttamente dalla bocca ferita della copertina, perchè l'autore sembra non poter più stare nella corazza che si è costruito, ma fermarsi con sé stesso per tutta la vita. Le interviste all’artista sono rare, ma in Mia madre odia tutti gli uomini si può ritrovare ogni risposta sulla vita di un uomo che ha avuto coraggio: di vivere, di guardarsi dentro e di ammettere la violenza, gli sbagli e la fragilità, rendendosi prima svuotato e poi libero. Terzo album per il cantautore campano, che nel 2017 arriva al grande pubblico con la partecipazione al Festival di Sanremo alla quale fa seguire un percorso in acustico che, evidentemente, lo trasporta in questo viaggio introspettivo che toglie il fiato, comunicando con ogni mezzo a disposizione, grazie anche alla scelta di affidare la produzione artistica a Taketo Gohara, sound designer che ha firmato i lavori di Vinicio Capossela, Brunori Sas, Marta sui Tubi, Negramaro, Motta, Ministri, Verdena, Mauro Pagani. Arrangiamenti stratificati con la musica che accompagna le parole, coi fiati che sottolineano i momenti malinconici o il pianoforte che in Lasciami qui permea la profondità della bellezza e gli archi in Fermati tutta la vita che suggellano la poesia dell’amore.
Mia madre odia tutti gli uomini è un diario di un narratore di vita, capace di avere la forza di piangere, di “confessarsi” senza ritrosia, ammettendo che “ è stato naturale questo disco, sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, che avrei fermato da qualche parte un pezzo della mia vita” per regalarci l’uomo e poi l’artista in grado di condividere prima la sensualità ne Il seme di Adamo, poi l’amicizia e l’utopia giovanile in Joe, ma anche l’autoironia ne I poeti, oltre alla voglia di combattere, imparando dai lividi in Come due pugili, per poi saper tornare alla favola con “ nei tuoi occhi c'è il bianco coniglio / la meraviglia di Alice negli anni” in Fermati tutta la vita. Colori, passioni, crudezza, istinto, sentimenti che passano da immagini di naufragio, di auto parcheggiate, di una vita vissuta che passa dall’importanza degli occhi dalla madre che “non riesce più a distinguere se ho quattro anni o se sono diventato un uomo”, dai propri “avere gli occhi molto grandi per guardarti” e da quelli del diventare genitori che guardano “i sogni da un’altra prospettiva / dagli occhi illuminati di tua figlia”. Musicalmente le scelte variano dai suoni popolari a quelli più pop, associate ad un’interpretazione che trascende il cantato, come se Maldestro fosse dinnanzi all’ascoltatore, col suo bagaglio e ricorrendo anche in questo lavoro alle voci infantili diretti da Maria Francesca Polli in Fino a qui tutto bene.
L’artista appare come sempre molto legato alle origini, prima pronto a mimetizzarsi nella società ora come un rettile sembra aversi scorticato nella propria muta per insinuarsi nell’intimo di chi ascolta Mia madre odia tutti gli uomini, un introdursi nell’animo altrui, penetrando dolcemente, senza nessuna ragione per andarsene, guardando la pelle abbandonata come parte di sé, riuscendo a comunicare dolore e amore. Le dieci tracce appaiono come un percorso che sfiora la famiglia, anche in senso ampio, che accarezza un amore riscoperto per se stesso, e un forte senso di unione, facendone apprezzare sempre di più la sensibilità di una persona capace di donarsi, col bisogno di rivalsa senza travalicare le tappe, ma certo di farcela, diventando un esempio di umanità. Il titolo dell’album appare come frase nel brano Come una canzone che da cantautore dedica alla madre, in una dichiarazione che commuove nell’enorme voglia di darle soddisfazioni. Mia madre odia tutti gli uomini è la bellezza, capace di mantenere l’attenzione in ogni passaggio, in grado di emozionare continuamente, sia musicalmente che come testi, è un album sulla vita, ma quella vera, di un cantautore capace di donare e comunicare senza mai nascondersi, capace di trasporre l’ascoltatore nel proprio sguardo.