Lee Bains Iii & The Glory Fires There Is A Bomb In Gilead
2012 - Alive
L'approccio sfrontato e volgare della voce di Bains, ragazzone di Birmingham, Alabama, è il collante del disco: versi strascicati, sibili e urlacci molto southern, capaci però di lasciare il posto, dove serve, a inaspettate delicatezze degne d'un pop-singer britannico (Reba) o a pacate riflessioni cantautorali (Roebuck Parkway), con una versatilità che sorprende. Il suono, molto elettrico, sposa la tradizione roots rock sudista con un piglio da punk band che è il valore aggiunto di There Is A Bomb In Gilead, coprendo un po' la non eccelsa ispirazione e originalità di brani e melodie. I ritmi alti, l'atmosfera da festa rumorosa e l'impatto molto live fanno il resto, definendo al meglio la ruvida personalità dei Glory Fires.
Il groove di Ain't No Stranger, introdotta solo dai nudi accordi della chitarra, fa presagire freschezza e varietà di soluzioni: arrivati in fondo le aspettative saranno solo in parte soddisfatte. Centreville e Magic City Stomp viaggiano alla stessa ealtante velocità di crociera e pagano più di un debito agli Stones, nel cantato sguaiato (sponda Jagger) e nei riff in controtempo (sponda Richards). The Red, Red Dirt of Home (ancora storie di casa...) vola sulle ali di uno straordinario cambio di ritmo tra strofe e ritornelli, orchestrato dai tamburi di Williamson. Bains e Wurtele sanno intrecciare ottime trame chitarristiche: validi esempi sono lo scanzonato swamp blues di Choctaw Summer, la “blackcrowesiana” Everything You Took, con un ritornello dai toni gospel, e Righteous, Ragged Song, un inno che invece richiama gli Allman Brothers. Reba è un gioiello splendente in una palude fangosa. L'atmosfera vira verso la ballata country e Bains dimostra di saper dispensare anche dolcezze. There Is A Bomb in Gilead è un esordio sicuramente divertente e interessante, una buona base su cui Bains e soci devono focalizzare con più precisione il loro percorso.