Lee Bains Iii & The Glory Fires

live report

Lee Bains Iii & The Glory Fires Roma / Wishlist Club

31/01/2018 di Giovanni Sottosanti

Concerto del 31/01/2018

#Lee Bains Iii & The Glory Fires#Rock Internazionale#Rock Lee Bains III The Glory Fires

Stasera abbiamo avuto la conferma che Alabama non per forza fa rima con southern rock, soul, r&b, Muscle Shoals, Allman, Delaney & Bonnie, Wilson Pickett e Aretha Franklin. Per quello esistono dischi fondamentali e film leggendari. Questa sera al Wishlist quattro giovani yenkees di stanza a Birmingham hanno messo in scena una rappresentazione di energia e potenza musicale devastante, straripante, a tratti chiassosa e caotica, ma comunque verace, spontanea e genuina.

Lee Bains III si fa le ossa nell'ultima incarnazione dei Dexateens, cult band di Tuscaloosa, Alabama, fautrice di un brillante roots, country, blues, rock figlio dei Drive By Truckers, come documentato dall'album Singlewide del 2009. Chiusa questa pagina, ne apre un'altra a nome Lee Bains & The Glory Fires e con i suoi prodi parte all'assalto di un southern rock un cui si fondono il soul e il rock'n'roll dei Lucero, ma anche il punk dei Clash e l'hardecore degli Husker Du. L'esordio del 2012 si chiama There Is A Bomb In Gilead e coglie subito nel segno, con un perfetto amalgama delle caratteristiche sonore sopra menzionate. La copertina evoca colori, suoni e paesaggi del sud, il sound tira dritto e pesta in alcuni episodi, graffia e seduce in altri. Il secondo disco Dereconstructed vira molto decisamente verso un suono punk garage, tirato e sporco, mentre il terzo nato, Youth Detention (nail my feet down to the southside of town) del 2017, rappresenta forse la giusta alchimia tra le diverse attitudini dei precedenti.

Sul palco romano pochi fronzoli, nessun indugio e via giù decisi, si pesta duro da subito. Forse in alcuni momenti anche troppo, i volumi sparano alto e gli strumenti tendono a sovrapporsi, la voce è molto urlata, c'è una vicinanza con l'hard rock non del tutto piacevole per le mie orecchie. Dopo la furia di Sweet Disorder, Breaking It Down!, Righteous, Ragged Songs, The Company Man e Underneath The Sheets Of White Noise, arriva l'opportuna oasi acustica con Reba, splendida ballata che concede una tregua e riporta tutto a casa in territori tanto cari a Duane, Gregg e ai fratelli Van Zant.

Il gesso al piede, souvenir di una recentissima frattura, non impedisce a Lee di saltellare sul palco come un grillo, chitarra al collo e voce assassina, mentre Eric Wallace, Adam e Blake Williamson lo supportano perfettamente alla second guitar, bass & drums. Riprende il fuoco di sbarramento, torna in campo l'artiglieria pesante, Good Old Boy e Dirt Track tra i pezzi migliori, un'ora e venti e tutti a casa a ricaricare le pile. Non riscriveranno certo la storia del rock'n'roll, ma Lee Bains & The Glory Fires portano sui palchi il loro onesto, sincero e sudato contributo, tre dischi come tre mattoncini che puntellano la struttura e la rendono più solida.

P.S. Non importano i grandi numeri, per quelli ci sono i grandi eventi mediatici. Forse però essere un numero leggermente più cospicuo rispetto alla quarantina scarsa di persone presenti l'altra sera al Wishlist, sarebbe stato quantomeno auspicabile. Anche per rispetto nei confronti di chi si sbatte per portare alle nostre latitudini gruppi o singoli artisti che in altri lidi raggiungono cifre ben più alte alla voce "pubblico presente". E comunque, come sempre, fortunati i presenti!