Nostra Signora del jazz è ritornata. In Italia possediamo un piccolo patrimonio di cantanti jazz di buon valore (Tiziana Ghiglioni, Roberta Gambarini, Rossana Casale, per citare le più affermate), non altrettanto possiamo annoverare, pianiste tecnicamente di pregio (Rita Marcotulli a parte) ma cantanti - pianiste del livello di Laura Fedele, con certezza nessuna. L’artista napoletana d’origine, genovese di crescita e milanese d’adozione, si è formata negli anni ottanta in quella grande palestra jazz che è stata l’area dei Navigli, suonando il blues e buttando voce e cuore dentro locali fumosi, vedendo sera dopo sera accorciarsi la distanza tra la sua musica e l’amore del suo pubblico. Dopo il significativo successo di critica e di vendite tributato ai due precedenti dischi - Pornoshow (2003) - splendido tributo alle canzoni di Tom Waits trascritte in italiano - e Indipendently Blue (2005) nel quale LF reinterpreta magicamente Nina Simone - eccola tornare con un lavoro interamente in lingua italiana nel quale, per sette/undicesimi, affronta cover pescate, in modo ampio, sparso e poco usuale, dal cantautorato italico; Laura le affronta come il solito di petto, con grande intensità e generosità, senza risparmiarsi e non senza prendersi rischi e per cinquanta minuti è di nuovo magia. Le canzoni le fa sue, com’è tipico del suo talento naturale, le stropiccia, le carteggia, le ammanta di velluto blu, sia nell´interpretazione vocale sia nell’arrangiamento pianistico, come sempre creativo, ricco, ora delicato, in punta di dita ora debordante, passionale. Sottolineiamo anche il lavoro impeccabile e creativo del fido contrabbassista e co-produttore Stefano dall’Ora, del ´body´ drummer Gio Rossi, un batterista unico, oltre ai puntuali interventi di quell’autentico maestro dell’hammond che è Alberto Marsico. Ecco allora una ´Non mi annoio´ di Jovanotti che nella sua versione perde quella cadenza da tormentone dell’originale per assumere dignità di canzone grazie ai ritmi sincopati, un vero pezzo di bravura vocale, come pure la ´Monna Lisa´ di Ivan Graziani, mentre qualche brivido ci corre lungo la schiena quando interpreta ´Amore Che Vieni Amore Che Vai´ di De Andrè, nella quale mette la sua creatività rallentandone il ritmo e inondandola di venature blues.
Nell’economia del disco comunque, stupiscono soprattutto i pezzi originali della Fedele, vero valore intrinseco dell’album, a dimostrazione di quanto l’artista oltre ad essere interprete sopraffina sia anche dotata di una penna ispirata nella scrittura di brani che farebbero la gioia di qualsiasi jazz singer internazionale. Come restare insensibili alla ´Sparami´ un pezzo che sa di Buscaglione fino al midollo, oppure all’ironia e sarcasmo di ´La voce´ e ´Un cuore morbido´ pezzi che sono già uno standard nel mio personale songbook? Laura Fedele canta le donne, per le donne come nessuno sa fare, si fa donna oggetto e ne deride l’essere e nel contempo la pungola, attraverso l’ironia, perché riprenda il suo posto nel rapporto con il maschio e nella società. Quando riusciremo a vedere, finalmente, un suo passaggio in una delle trasmissioni televisive che contano per la definitiva consacrazione? Fazio sveglia, fai una cosa per la musica d’autore di quelle che facevi una volta, prima di essere risucchiato dalle logiche delle major!