Tra i generi più diffusi e abusati che si possano menzionare in ambito commerciale, sicuramente il folk-rock occupa, da sempre, un posto di notevole rilievo. Lo sanno bene questo i milanesi Kozminski tanto da cercare, nel loro piccolo, un’alternativa plausibile al loro modo di fare e intendere il genere.
Infatti, nonostante la semplicità intrinseca delle canzoni proposte, l’omonimo disco d’esordio evidenzia come il quartetto lombardo tenda a lasciarsi sedurre da richiami di psichedelia e strizzi l’occhio al pop più melodico.
Sette diapositive musicali, istantanee ´cinematografiche´ decorate dall’uso minuzioso di una strumentazione che oltre alla classicità tipica del genere esibisce ´dispositivi´ come clarinetto, melodica e sintetizzatore che servono ad attestare l’intento proposto.
Ogni canzone è una storia a sé attraverso le quali i Kozminski sondano irrequieti stati d’animo umani, visti anche come metafore di un viaggio nei luoghi più caratteristici del nostro ´bel paese´: un percorso introspettivo che dalla loro ´Milano´ giunge fino all’estremo sud (´Lettera dall’Etna´), passando per i ´sassi´ di ´Matera (o le sue paure)´.
Canzoni certamente non entusiasmanti, ma con buoni spunti degni di nota rappresentati proprio dal sound caratteristico del quartetto milanese. Infatti, i Kozminski abili nel legare il folk-rock alla psichedelia e soprattutto al pop, mettono al bando una manciata di canzoni (´Lettera dall’Etna´, ´Milano´ e ´Il cane´) che vale la pena menzionare e ascoltare.
Una band che deve e può ancora migliorare e maturare artisticamente.