I`m Not Sorry, I Was Just Being Me <small></small>
Rock Internazionale • Alternative • alternative-rock, indie-rock

King Hannah I`m Not Sorry, I Was Just Being Me

2022 - City Slang

03/03/2022 di Ambrosia J. S. Imbornone

#King Hannah#Rock Internazionale#Alternative

Vi avvisiamo subito: questo disco già si profila come uno degli album dell’anno. Tra i numi tutelari del duo di Liverpool, al debutto su full length, si citano nomi come Red House Painters, Mazzy Star, Smog, PJ Harvey e Portishead e questo potrebbe già bastare per drizzare le antenne, ma il gruppo è molto più che derivativo.

Una delle parole chiave del progetto, d’altra parte, è sicuramente determinazione: Hannah Merrick, nata e cresciuta in Galles, aveva già in mente il moniker King Hannah prima di incontrare a Liverpool Craig Whittle, il quale, dal canto suo, appena la vide sul palco, subito sognò di poter suonare con lei. L’idea si concretizzò però solo dopo qualche anno, dopo che casualmente si ritrovarono a lavorare nello stesso pub e quando poi finalmente Hannah si decise a suonargli le sue canzoni. Poi i due cominciarono a scrivere insieme…

La determinazione trapela anche nel titolo di questo album, una specie di “Prendere o lasciare”, così come i versi “And if you do not like / What I’m singing about / Well, then you really do not have to listen / You can just turn me off”, parole cantate nella lunga e disincantata The Moods That I Get In. La musica in questo pezzo viene definita come divertimento e routine.

Nel titolo del disco filtra anche l’ironia, altra caratteristica chiave del duo; in A Well-Made Woman si appunta ad esempio sul fatto che Hannah fosse cantante di giorno e barista di notte e sulla maternità che lei vede inevitabilmente molto lontana, probabilmente proprio per la precarietà lavorativa. È ancora tremendamente difficile essere una donna e realizzare i propri progetti: “I am a woman /A brave, brave one”, canta un po’ amaramente Merrick.

In questo e altri brani c’è qualcosa di ipnotico nella combinazione di linee di basso cupo, chitarre elettriche urticanti e voce notturna; c’è qualcosa di sinistro e irresistibile nelle atmosfere, nei riff corrosivi e minimali di cui si materia un rock oscuro e senza fronzoli, in linea con le intenzioni espresse da Whittle, che voleva che la loro musica suonasse “raw and natural” e non “clean or polished”. Anche il folk si asciuga in un cielo senza luce in un brano come Ants Crawling on an Apple Stork, cantata da Craig.

Venata da un’ironia sottilmente graffiante appare anche All Being Fine, in cui Hannah ricorda quando continuava a bagnare il letto a 10 anni, oppure rievoca le telefonate familiari a distanza; quella frase insomma risuona in tutto il suo valore beffardo, quasi in dispregio della realtà. L’ironia si fa pungente poi in Big Big Baby, parlando del protagonista, un ex amico, che presto avrà un bambino…più grande di lui.

Il ritmo a volte sembra rallentato come un gorgo languido, in cui ci fa scivolare anche la voce di Merrick, che ha qualcosa della dolcezza drammatica e sognante di Victoria Legrand dei Beach House e della grazia raffinata e sospesa di Hope Sandoval, ma risulta più “confessionale” e immersa in un’oscurità disillusa, seducente e dolorosa; nei meandri vischiosi di Foolius Caesar si percepisce anche l’ispirazione dei Portishead.

I versi cantati sono spesso pochi e funzionano come formule incisive e dirette, o talora sembrano anche frutto del disinganno su cosa significhi crescere e in qualche modo avere la sensazione di sprecare il proprio tempo; le note di piano inoltre sono ben distillate come tocco suadente e caldo, o avvolgente e dolente, come nella strumentale Death of the House Phone.

La seconda metà del lavoro suona forse un po’ più lieve, intima e triste, come nella quieta, ma pur significativa title-track, in cui le due voci si uniscono e completano, ma a tratti le distorsioni si fanno ancora più potenti e inquiete (ad es. in Go-Kart Kid).

Gli ultimi versi del disco proiettano una luce più pessimista e meno sfrontata anche sul titolo dell’album, sancendo l’impossibilità di cambiare, nel bene o nel male: “I’m all I’m ever gonna be”, canta Merrick in It’s Me and You, Kid, che parte super-essenziale, per poi salutarci con le chitarre elettriche marchio di fabbrica dei King Hannah. Nella canzone, in modo sobrio e senza scivolare in toni sdolcinati, Hannah si dice grata di aver incontrato Craig, nella consapevolezza di aver trovato la persona giusta con cui suonare (“Se non ci fossimo trovati, non so dove saremmo”, ha dichiarato d’altronde Whittle), e ripete una frase apparentemente desolata, ma anche di conforto come una sicurezza su cui contare, parole che li hanno incoraggiati in questi anni: “It’s Me and You, Kid”. Il finale ha anche musicalmente qualcosa di caloroso e rassicurante, per celebrare un viaggio musicale che si spera continui verso nuovi, meritatissimi traguardi.

Track List

  • A Well-Made Woman
  • So Much Water So Close to Drone
  • All Being Fine
  • Big Big Baby
  • Ants Crawling on an Apple Stork
  • The Moods That I Get In
  • Foolius Caesar
  • Death of the House Phone
  • Go-Kart Kid (HELL NO!)
  • I`m Not Sorry, I Was Just Being Me
  • Berenson
  • It`s Me and You, Kid

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