
Keith Jarrett & Charlie Haden Last Dance
2014 - ECM
Entrambi gli album sono stati catturati nella stessa sessione di registrazione, ovvero presso il Cavelight Studio di casa Jarrett. Scelta che potrebbe apparire ovvia e scontata considerando la sua viscerale ritrosia per qualsiasi studio che - testuali parole - “non si trovi sopra il suo garage”.
E' proprio lì che Charlie Haden fu invitato pochi mesi dopo le riprese del film-documentario Rambling Boy (2007), a cui lo stesso Jarrett prese parte. Un incontro musicale a distanza di quasi tre decadi (da quelle meravigliose collaborazioni che vedevano Paul Motian alla batteria) che ci regala due splendidi album.
Cinque anni dopo il fratello gemello, dunque, viene pubblicato Last Dance, low-lit jazz album che, steso da Jarrett e Haden, si posa leggiadro come un velo di seta.
"We play together like two people singing", afferma il pianista riguardo la collaborazione con Haden. Si tratta in effetti di un album a due voci: la peculiarità di Haden che da sempre lo ha contraddistinto, quella di liberare le proprie note dalle maglie dell'accompagnamento nudo e crudo, fa sì che il suo double bass canti in uno splendido contrappunto, sempre di collaborazione e di apertura al dialogo, con il pianoforte di un Jarrett al massimo delle sue potenzialità, misuratissimo, impeccabile e trascinante, che non rinuncia alla melodia, al romanticismo e ovviamente all'improvvisazione. Due voci le cui frequenze raggiungono l'anima dell'ascoltatore senza la mediazione vincolante del pentagramma e, soprattutto, senza richiedere chissà quale clamoroso impegno intellettuale da parte dell'ascoltatore per poter andare a segno.
Spicca tra tutte sicuramente la classicissima Round Midnight, a cui Jarrett è evidentemente legato avendola già rivisitata in passato. E' proprio lo standard targato Monk a racchiudere in sé probabilmente il migliore solo di Haden dell'intero album.
Dance of Infedels, brano in mid-tempo di Bud Powell, si discosta ritmicamente dal resto dei brani, che paiono invece mossi da una leggera brezza primaverile, quella che nell'Idomeneo mozartiano annunciava l'amore e risvegliava i sopiti sensi. Vi è infatti l'amore al centro di Last Dance. La malinconia di un amore sfumato in My Old Flame (Coslow/Johnston), quello non ancora archiviato nella straziante Where Can I Go Without You (Lee/Young), ma soprattutto l'amore più vero e sincero, quello per la Madre Musica.
E' uno scrigno prezioso quello che da Jarrett e Haden ci è stato donato; uno scrigno che racchiude in sè la magia della contemplazione e l'intimità della confessione. Ed è soltanto con la malinconia negli occhi ed un sapore agrodolce in bocca che quest'ultima danza può essere letta ed assaporata. Charlie Haden ci lasciava un mese dopo la pubblicazione di Last Dance, l'ultima occasione concessaci per poter godere di questo ballo a due, di questa coppia di giganti che, avendo già scritto la propria mitologia, senz'ombra di dubbio sopravviveranno allo scorrere inesorabile del tempo.